giovedì 3 aprile 2014

Da qualche parte arriveremo /2

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La pace

Ho fatto pace con la mia paura di morire. Non so come sia successo. Non ho lavorato particolarmente su me stessa. Tuttavia, non so come, la mia fobia è rientrata nei ranghi di una paura normale. Come quella dei ragni. Una paura controllabile, razionalizzabile. Per lo meno per me.
Fin da ragazzina non ho mai potuto immaginare la morte. Un posto dove non c'è luce, non c'è musica, rumore, odori, sensazioni. Ansia. Il cuore che batte forte, incontollato. Il pensiero che non esce dal vortice come attratto da un buco nero, risucchiato dal terrore. Solo con grande difficoltà riuscivo poi a controllare il respiro, a cambiare pensiero, a uscire dal gorgo del nulla. Mi succedeva anche di notte. La paura della morte mi aggrediva e io mi svegliavo di colpo.
A volte sognavo di morire.
Una volta sono morta nel sogno e non mi sono svegliata, come sarebbe naturale. C'era il nulla. 
Troppo vuoto per una vita.
Solo il contatto con un altro corpo addormentato, un abbraccio rubato al sonno di un amore, riusciva a curarmi, per riportarmi alla vita di sempre e, solo talvolta, al sonno di cui ero stata privata. Spesso mi sono chiesta se è possibile morire per la paura di morire.


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Il passato presente

Esco dalla stanza e irrompo in cucina con il velo da sposa che mi copre il viso adolescente. Troppi anni fa.
"Mamma guarda! Sono una bella sposa?".
Mamma impallidisce come se una mano invisibile le contorcesse lo stomaco. Si appoggia appena alla sedia. 
"Sei bellissima amore".
La sua voce esce a fatica ma a me sembra normale. Questo, ricordo.
Ho preso il vestito nelle scatole che ha appena portato la nonna. C'è tutto il vestito. É bianco, con una macchia di grasso sul fianco. Ne chiedo ragione.
"E' rimasto pizzicato nella portiera dell'auto".
La macchia di grasso c'è anche nelle foto archiviate col vestito da sposa nei polverosi scatoloni. Ospite invadente e sgradito nei pochi scatti di una vecchia Polaroid. 
Mi sento grande. Mamma vorrebbe lasciare quel vestito nel passato ma io insisto. Mi accorgo che non le va, forse, ma la ignoro. A mamma non vanno un sacco di cose. Mica posso sempre darle retta.
"Facciamo un gioco" mi dice.
Va bene.
Prendiamo il vestito di tulle e pizzo e raso e andiamo in giardino.
Mamma si accende una sigaretta. Prende l'alcol che usiamo per il barbecue.
"Vediamo quanto ci mette a bruciare"
Fico. Mamma non butta mai niente.
Non mi fa accendere. Dice che è pericoloso.
La stoffa brucia in fretta. Restano piccole pezze bianche e puzza di plastica sciolta.


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