venerdì 21 marzo 2014

All'Avogadro si cominciava a ottobre

Io, all'Avo, non ci sono andata e nel 1970, a ottobre, avevo solo qualche mese ma il libro di Marco Aime che domani io e Mauro Rubella presentiamo alla libreria "La città del sole" l'ho letto e divorato come se in quella scuola ci fossi andata e come se fossi - ancor più di quanto sono - figlia degli anni '70.

"All'Avogadro si cominciava a ottobre" è un bel libro che parla di un passato da cui potremmo imparare tanto e che invece questa società ha seppellito sotto un futile consumismo esasperato che sembra non essere più in grado di arrestare.

L'Avo è un pretesto per ricordare, per raccontare un'epoca e quei suoi protagonisti silenziosi, quella sua quotidianità e il tempo che sembrava passare più lento e più denso di significato, anche quando lo si trascorreva spensieratamente.

Di questo libro ho amato molto alcune pagine che parlano di musica. Non solo perché condivido con l'autore alcuni gusti musicali ma soprattutto per aver saputo raccontare il peso che ha la musica in ogni aspetto della vita dei giovani. Poiché si parla di giovani, certo. Di giovani che vanno all'Itis in periodo storico difficile, di contrapposizioni continue, a partire da quelle in famiglia. Il genitore di allora non è quello di oggi: è un padre severo e lavoratore; è una mamma che non ti concede scuse o scappatoie e si aspetta sempre il massimo da te.

«Se il mondo dei grandi era quello, tu ti facevi il tuo, che era per forza alternativo, ma che alla fine si nutriva di quegli stessi valori che ti avevano trasmesso». Così scrive Aime e così è. E la scuola, in questa trasmissione di valori e in questa cornice di scontro continuo era fondamentale. La scuola aveva un ruolo importante, che oggi sembra essere passato in secondo piano. Forse perché nella scuola non si crede più e non si investe più: nella scuola così come nella cultura. E anche leggendo queste pagine si capisce che la strada imboccata non potrà che portare a un mondo più povero, non solo di intelligenze ma anche di valori e di significati.

Sono leggere e piacevoli le pagine di questo libro, che vi consiglio anche se all'Avo non ci siete andati. Sono leggere perché Aime usa tanta ironia nel raccontare e raccontarsi. «Lei era come credo fosse la maggior parte delle professoresse di matematica di quell'epoca. Acida, zitella, perennemente incattivita con il mondo, perchè ilo mondo odia la matematica. Figuriamoci gli studenti. E per di più matematica non era materia d'esame di maturità. Tié»

A me la matematica è sempre piaciuta. I Led Zeppelin anche. Anche io, fuori tempo di un decennio, portavo l'eskimo e la tascapane a scuola. Non sono cresciuta a Borgaretto ma qualche chilometro più in là, nella stessa seconda cintura di Torino e anche io andavo all'Impera a giocare a biliardo. E' bello ricordare ma, lo dico sempre: ricordare non basta. Dalla storia e dal passato è necessario imparare.

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