venerdì 19 dicembre 2014

Avanti tutta ma sempre nella direzione sbagliata

Pozzuoli. 2014. Una donna di colore sta male. Va al pronto soccorso. Viene respinta, forse dalle stesse guardie giurate sull'uscio della struttura. La portano in un altro ospedale ma è tardi e muore. A 30 anni.

Stiamo diventando come gli Stati Uniti. And we're proud of it. E ne siamo orgogliosi. Andiamo nella direzione di una sanità completamente privatizzata dove se hai i soldi ti curi e se non li hai, beh, pazienza. Non è che dobbiamo sopravvivere proprio tutti. E mentre quell'America cerca - con grande fatica e largamente osteggiata dai potenti - di tornare a dare almeno dei servizi di base per gli indigenti e per chi non si può permettere un'assicurazione sanitaria costosa, qui procediamo nell'emulare quel mito capitalistico della crescita continua, rivelatosi - l'ho detto decine di volte - fallimentare.

Noi, a chi non arriva a fine mese regaliamo carte di credito con tassi da usura, propiniamo il gioco d'azzardo con il grande sogno del "vincere facile", ingrassiamo le banche e tassiamo i piccoli risparmi. 
Noi, a chi ha bisogno di cure rispondiamo con liste d'attesa infinite e tagliando reparti e servizi; rispondiamo con il bigottismo esasperato e con un razzismo degno del KKK.
Noi, a chi ha bisogno di una casa rispondiamo con gli sfratti, favorendo le nuove edificazioni e non il recupero, premiando chi ha tanti alloggi sfitti. 
Noi, a chi ha bisogno di lavoro rispondiamo tagliando le tasse agli imprenditori, precarizzando, sfruttando il lavoro nero.
Noi, a chi chiede un controllo degli sprechi rispondiamo organizzando le Olimpiadi, costringendo gli enti locali ad alzare le tariffe.
Noi, a chi chiede aiuti per le famiglie rispondiamo alzando l'Iva sul pellet, aumentando le tariffe dei trasporti, facendo pagare i libri di scuola, alzando tariffe su asili nido e mense, tagliando l'orario scolastico. 
Noi, a chi chiede tutela della salute e del territorio rispondiamo con le grandi opere.
Noi, a chi ha bisogno di giustizia rispondiamo col giustizialismo e asservendo la giustizia alla politica di turno.
Noi a chi chiede parità ed eguaglianza rispondiamo con l'omofobia e tagliando il welfare (che va a ricadere interamente sulle donne).

A tutte le domande stiamo dando risposte anacronistiche, inumane, irragionevoli. Stiamo andando nella direzione sbagliata ma ci andiamo ad altissima velocità.

Poche volte mi sento fiera di essere italiana e succede sempre meno spesso.

Per leggere l'articolo clicca qui
Altro articolo sul tema

Foto di http://pandoraestelle.altervista.org/

martedì 25 novembre 2014

Risposte concrete

Oggi è la giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

Un'amica mi ha fatto una semplice domanda, portandomi a riflettere sul significato di questa giornata che, a mio parere, dovrebbe essere un momento educativo e invece, come spesso accade, è solo una gran quantità di slogan pronunciati e null'altro.

Siamo così lontani dall'eliminare la violenza dalle nostre esistenze - io stessa lo sono e la cosa mi spaventa - che non vedo alcun presupposto perché la violenza di genere sia presto un ricordo. Cosa si dovrebbe dire in un giorno come questo? Che mettere le mani addosso a una donna è vigliacco, meschino, bastardo? Certamente lo è e su questo non si discute. Chi direbbe il contrario? Eppure, il peggior nemico di una donna, troppo spesso, è chi divide con lei le lenzuola.
Cosa si dovrebbe dire? Donna fuggi, ribellati, ricostruisciti una vita? Certamente è la cosa giusta ma poi, quella donna, chi l'aiuta nei fatti? Chi l'accoglie? Non certo uno Stato che taglia fondi su capitoli come scuola, sanità e servizi. Non certo una comunità che, in molti casi, quella violenza la giustifica persino, imputando alla donna colpe che non ha.

Violenza.
La violenza è picchiare, torturare, uccidere, umiliare. Su questo siamo tutti d'accordo?

Ma la violenza non è solo quello.
La violenza sono le mille piccole violenze quotidiane. 
La violenza è pensare o far credere che tutto quello che la donna fa sia sbagliato, figlio di non si sa quale impulso decontestualizzato, di ignoranza, di incapacità, di inadeguatezza.
La violenza è lasciare alla donna tutto il carico pratico ed emotivo della quotidianità, della gestione della casa, della famiglia, dei figli (salvo poi criticare più o meno pesantemente quella stessa gestione).
La violenza è il silenzio, la non condivisione, il non essere supporto, l'egoismo, il menefreghismo.
La violenza è negare la libertà individuale o farla apparire una concessione.

La violenza non comincia quasi mai con la violenza fisica e, a volte, per fortuna, non ci arriva. Comincia con la sterile gelosia, con l'affetto negato, con le piccole umiliazioni ("non sei capace a far nulla", "sei fuori dalla realtà", "non capisci un cazzo") private o pubbliche.

La violenza è volere una donna trasparente. Violenza è ferire quando quella donna diventa opaca, quando non "sta al suo posto" facendo la brava mamma, la brava casalinga e aprendo le gambe a tempo debito. Possibilmente in silenzio, "che tutte queste chiacchiere sono anche fastidiose a lungo andare".

Prima che un uomo alzi le mani su una donna può averle usato violenza mille volte.
E la donna, troppo spesso, sopporta. Per amore, per paura dell'abbandono, per amore dei figli, perché dipende economicamente dall'uomo o per mille ragioni. A volte non se ne rende nemmeno conto. A volte, quella realtà le sembra l'unica possibile.

Chi l'aiuta questa donna? La società tutta quale riferimento sano le prospetta?

I tagli del welfare dicono questo:
 "Non lavorare, non essere indipendente. Occupati tu del marito, dei figli che vanno a scuola o che ancora non ci vanno, del nonno che non è autosufficiente, della mamma malata. A me, Stato, costa meno - che gli evasori non pagano le tasse e non ho soldi - e tu sei portata. Ci sei nata per la cura. Ce l'hai nel Dna.  Mica vorrai fare quello che ti piace? Studiare o fare quello per cui hai studiato? Ti mantiene l'uomo. Se ce l'hai. Altrimenti sei una sfigata. Sei racchia? Frigida? O magari te lo sei fatto rubare? Hai messo la minigonna per uscire per strada e poi ti lamenti che il marito è geloso. Se non hai il marito ti lamenti che ti prendano per una puttana. Non sei capace a far altro che lamentarti. Se tu stessi a casa, in silenzio, tutto questo non succederebbe".

Ma a noi va bene così? Ci va bene che a fare le spese della violenza dello Stato, prima, e dell'uomo, poi, siamo sempre le donne? No che non ci va bene. Ma far da sole, spesso, non si può o non si riesce. Chi le aiuta queste donne?

Per la giornata internazionale contro la violenza sulle donne vorrei questo: risposte. Risposte concrete.


lunedì 17 novembre 2014

... quando è ora di mettere ai piedi gli sci.

Parlano tutti di montagna, i politici. 
Bisogna valorizzare la montagna, dicono. Fa fico.
Poi, però, della montagna si ricordano solo quando è ora di mettere ai piedi gli sci.
O di sfruttare una sorgente.
O di fare un inutile buco nella montagna per ingrassare gli amici che lavorano nel cemento.

Vivere in montagna è bello, nonostante la scomodità.
Ma chi vive in città e governa dalla città lo sta rendendo impossibile.

Ai boschi non si guarda più. C'è incuria dovuta alla mancanza di stanziamento di fondi e l'incuria porta agli smottamenti, alla ribellione dei rii.
Ai fiumi non si guarda più. Ci sono solo argini di cemento in cui è impossibile costringerli, lamentandosi poi che il fiume rompe i ponti durante le alluvioni.
Agli animali non si guarda più. L'allevamento, invece di essere risorsa, viene considerato un mestiere paleolitico. Non solo non viene sostenuto ma persino guardato con sospetto.
Ai campi non si guarda più. L'agricoltore è paleolitico poco meno dell'allevatore. Giusto lo sopporti perché puoi fare bella figura quando parti da Roma per comperare i suoi prodotti delle valli alpine a chilometro zero.
Ai bambini non si guarda più. Si chiudono scuole, facendo pagare però alle famiglie i costi di trasferimento. 
Alla sanità non si guarda più. Si chiudono ospedali, facendo però pagare alle famiglie costi sanitari altissimi e compensandoli con servizi zero.
Tutto è metropolicentrico. Come se vivere nel formicaio dovesse essere l'unica scelta. Salvo, il sabato e la domenica, quando tutto il formicaio si sposta in montagna a portare la sua spazzatura nei boschi, così come troppo spesso la sua maleducazione e la sua prepotenza. Il sabato e la domenica, la montagna si trasforma in parco giochi per chi vive in città.
Poi si svuota. E alla montagna cosa resta? Qualche euro che non sarà reinvestito sul territorio ma trasformato, se va bene, in brutti alberghi-formicaio di cemento.

Facciamo vivere davvero la montagna. Difendiamola. Ed esigiamo che sia difesa.





sabato 1 novembre 2014

Halloween e Colombo

Halloween. 
Stamattina, leggendo i commenti di alcuni amici e conoscenti su questa festa, mi è venuta da fare una piccola riflessione. Prima di tutto sulla festa in sè. Halloween non è una nostra festa ma, a dirla tutta, neppure una festa statunitense perchè la tradizione vera è anglosassone. Si festeggiava Ognissanti intagliando rape e mettendoci dentro un lanternino ma siccome gli americani le rape non ce le avevano e, invece, avevano un sacco di zucche si sono presi una licenza poetica. Solo recentemente ha preso la dimensione di festa dedicata soprattutto ai bambini e solo in alcuni Paesi. Era un modo per celebrare l'arrivo dell'inverno, per allontanarne la paura. In qualche modo la festa inversa rispetto all'Ors di Mompantero.

Halloween non è una nostra festa, va bene, ma la rilevanza di questo fatto è nulla. I pomodori li mangiamo eppure non sono una nostra verdura. Senza Colombo, i navigatori e la loro ostinazione non avremmo neppure il mais. É l'effetto della globalizzazione. Lamentarsi che non sia una nostra festa, a mio parere, è inutile e antistorico.

Poi ci sono alcuni cattolici che sostengono che Halloween non sia da festeggiare perchè è la festa del diavolo, perchè si sbeffeggia la morte. Curioso, da parte di una religione che sostiene che risorgeremo tutti in un tempo da definirsi e che celebra con la santità la morte di persone crocifisse, spellate vive, lapidate, morte di lebbra, torturate con le frecce e le mette in mostra, così oltraggiate, in tutte le chiese attraverso quadri e affreschi. Ogni festa, dalla notte dei tempi, sbeffeggia la morte, o l'inverno o il buio o le cose brutte della vita, perchè è proprio attraverso un momento lieto e collettivo che quelle cose riescono a far meno paura. Altrimenti a che serve una festa?

Halloween indurrebbe alla violenza, educherebbe alla violenza. Stamattina ho letto anche questo. Io non riesco a capire come si possa dire che vestire da fantasma, da scheletro o da strega il proprio figlio o la propria figlia induca alla violenza. Invece, comprare loro pistole giocattolo, insegnargli che il vicino di casa extracomunitario è un bastardo che viene in Italia a rubare il lavoro o a violentare le donne, permettergli di giocare a giochi di guerra sulla Playstation o mille altre cose sarebbe educazione alla nonviolenza?
Halloween è una festa per bambini, qui da noi. É chiaro che poi ci siano gli adolescenti che, non avendo grandi alternative e neppure fantasia, cercano una paura più grande, fanno scherzi idioti. Ma succede anche a carnevale. Succede anche senza che ve ne sia il pretesto. L'adolescenza è sicuramente più spaventosa di Halloween.

Dolcetto o scherzetto? Stamattina ho letto di persone infastidite dal suono dei campanelli. Un piccolo fastidio, una sera l'anno, per (forse) qualche ora. Invece non diciamo niente quando in vista di capodanno si comincia a scoppiare petardi quindici giorni prima e si prosegue per quindici giorni, a qualsiasi ora, cosa che oltretutto terrorizza gli animali di casa.

Oggi o domani, mentre andrete a mettere il vostro crisantemo, pagato trecento volte il suo prezzo, sulla tomba dei vostri cari - questa sì, tradizione italiana e cattolica - pensate che andrebbe fatto per una forma di rispetto nei confronti di chi non c'è più. Quel medesimo rispetto usatelo nei confronti delle tradizioni di tutti. Secondo me, male non può fare.


martedì 28 ottobre 2014

Nemmeno il tempo.

Ci avevo pensato. Non volevo che accadesse.
E invece, forse, no. Forse era proprio quello che volevo. Volevo che sapessero. Volevo che leggessero. Per questo ho scritto.
A qualcuno avevo raccontato. Ad alcuni di più, ad altri di meno.
La vita ti porta a condividere istanti, momenti. 
Ma poi alla fine cosa ne resta? Cosa rimane di tutta l'empatia di un attimo?
Quell'attimo in cui pensi che il tuo presente resterà per sempre. Non resta che un ricordo. Sbiadito, il più delle volte. Perché puoi scrivere quanto vuoi ma nessuna parola sarà mai in grado di rendere il vissuto vero. Anche se con le parole ci sai fare.
Ma sto divagando. Divago spesso. Mi aiuta a ricordare. Lo so che scrivo tutto ma le parole non sono mai abbastanza.
Ho compilato degli elenchi per ricordare. C'è un elenco di tutte le frasi che mi hanno colpita. Un elenco dei viaggi che ho fatto. Un elenco degli uomini con cui sono stata. Un elenco delle persone di cui mi sono innamorata. Un elenco dei perché. Un elenco delle date. Un elenco delle cose che mi hanno fatto soffrire. 
Non li rileggo mai. Li ho sparsi per tutta la casa. 
Sono scritti a mano su appositi quaderni. E poi, ho le copie registrate su file. Quelle sono più aggiornate. Nomi, date, parole, ricordi.
Non ho mai creduto che se la memoria ti sbiadisce un ricordo è perché, in qualche modo, quel ricordo sia meno importante. Tutto è importante.
Allora, forse, volevo che leggessero. Volevo che li trovassero. Volevo che mi conoscessero perché alla fine, nessuno mai, era riuscito a leggermi davvero dentro. 
O, forse, sto solo cercando una giustificazione per il dolore o lo sconcerto che, lo immagino, tutti quei ricordi daranno a chi li leggerà. 
Già. Chi li leggerà? Non lo saprò mai. 
Non ho neppure il tempo di stilare un elenco che ancora mi manca: quello dei rimpianti.




domenica 5 ottobre 2014

Come si fa l'antimafia.

Sono passate due settimane dalla visita in valle di Susa di Gaetano Alessi, giornalista e scrittore antimafia che ha presentato, sia alla libreria "La città del sole" di Bussoleno che al Caffè Basaglia di Torino, il suo libro "Le eredità di Vittoria Giunti". Volevo scrivere prima questo post ma spesso mi accade di essere travolta dalla vita e di non trovare il tempo per riordinare i pensieri. Tuttavia, visto che l'impegno di Gaetano è continuo e quotodiano, questa mia riflessione non è del tutto fuori tempo.

Gaetano è arrivato un venerdì pomeriggio in valle di Susa. La libreria non era gremita come avremmo voluto ma, volendo guardare il lato positivo della cosa, questo ci ha permesso di instaurare con lui una conversazione più diretta, molto interessante.

Siamo partiti dal libro, che non sto a raccontarvi di nuovo, e dal parlar di Resistenza. Il passato ha lasciato presto spazio al presente e alla impari lotta di un gruppo di ragazzi di Raffadali (nel cuore della Sicilia) contro una mafia talmente grande, radicata e presente che può far accadere cose che a noi sembrano impossibili. Per esempio, può far accadere che tutto un gruppo dirigenziale di sinistra, legato al Pci, improvvisamente migri tra le file del centrodestra e sostenga un mafioso dichiarato. Può far accadere che le persone che cercano di opporsi siano dapprima isolate, poi minacciate, poi ne venga minacciata la famiglia, poi ancora licenziate e in qualche caso diventino vittime di pesanti atti di vandalismo o di aggressioni.

Come si comincia a fare antimafia sul serio, Gaetano ce lo spiega con chiarezza. "Non è che basti dire o scrivere quello è un mafioso, perchè lo sanno tutti, o la mafia è una montagna di merda. Per dare fastidio alla mafia bisogna toccarla sugli interessi. Così ci siamo infiati negli uffici tecnici e siccome il male è davvero banale, nell'arco di tre anni gli abbiamo fatto saltare affari per diversi milioni di euro. E loro hanno cominciato a farci saltare le auto".

E quando ti succede che fai? "Hai due strade. Puoi denunciare ma sai già che in qualche modo ti bruci e che non potrai continuare a fare quello che fai. Oppure fai finta che non sia accaduto nulla". 

Ora, a dirla così, per noi che la mafia ce la immaginiamo come la macchietta folkloristica che hanno voluto inculcarci, sembra una roba facile. Ma non è facile per chi non può dormire due volte nello stesso luogo, per chi rischia di essere gambizzato ogni volta che esce per strada, per colui che teme di aver perso ogni appoggio, ogni solidarietà da tutte le persone con cui è cresciuto. Non è facile se il nemico è uno che si può permettere di dire allo Stato: se mi fai rientrare nell'amnistia ti saldo il debito pubblico italiano. Il debito pubblico italiano. Solo per dare una vaga idea dell'immensa mole di denaro a disposizione della mafia. Una mole di denaro in grado di comprare qualsiasi cosa ma, per fortuna, non chiunque.
"Vittoria ci diceva: vincerete perchè le idee buone non possono essere sconfitte".

L'antimafia vera, ci dice Gaetano, si fa scrivendo nomi e cognomi. L'antimafia si fa al nord come al sud, andando a toccare gli interessi. Facciamo degli esempi? "La prima cosa è chiedere ai Comuni di organizzare i propri regolamenti interni affinchè non si possano più fare gare al massimo ribasso. Perchè i soldi non sono un problema per chi deve solo riciclarli. È una cosa possibile e ci sono già dei precedenti. Per esempio Ravenna, Reggello e Campegile". 

Un'altra grande lotta Gaetano e gli altri ragazzi la stanno combattendo contro il gioco d'azzardo. Piccoli passi. Impedire che attraverso il wifi comunale si possa giocare d'azzardo sui dispositivi mobili oppure rendere non conveniente alle sale da gioco il restare su un territorio, negando loro spazi pubblicitari e via dicendo. "Lo Stato oggi spende di più per curare i ludopatici che i tossicodipendenti. Noi cerchiamo di convincere i Comuni a fare delibere specifiche. È difficile ma a volte si riesce".

Gaetano è rimasto con noi due giorni. C'era sempre qualcosa che non sapevo e che avrei voluto raccontasse e dettagliasse e ci insegnasse. E lui mi diceva: perchè questa cosa ti stupisce? Per me è poco più che una nota di colore. E io che pensavo, non sono stupita... trovo tutto questo agghiacciante.

Trovo agghiacciante che ci sia ancora gente che pensa che la mafia al nord non esista. Trovo agghiacciante che ci siano ancora persone che si fanno comprare come bestie al mercato anche se fino al giorno prima si vantavano d'essere i depositari dell'etica. Trovo agghiacciante che ci siano ancora persone che nel nome del denaro - mascherato da libertà di scelta - sacrificano famiglie, generazioni. Trovo agghiacciante aver comperato e dormito, senza saperlo, su un materasso che ha certamente aiutato la mafia a riciclare qualche euro. Perché certe cose dovrebbero essere scritte tutti i giorni su tutti i quotidiani. Trovo agghiacciante che quando si parla di antimafia ci siano sei persone in platea e quando invece arriva il tronista di turno si riempano le piazze.

Non so Gaetano dove trovi tanta forza, resistenza e speranza. Vorrei averne almeno la metà.

Ora vi do tutti i link del caso. Leggete quello che scrivono i ragazzi di AdEst. Leggete quello che scrive Gaetano. Lasciate perdere tutti i miei deliri. Informatevi. Cliccate sul Blog di AdEst o sulla pagina Fb di Gaetano Alessi

Ah, giusto per informazione, Gaetano ha appena finito di scrivere un libro che si intitola Periferie e che parla anche della lotta della Valsusa alla Torino-Lione. Spero vorrà tornare in valle per presentarlo.





giovedì 18 settembre 2014

Un'estate piovosa e i libri

«Ehi, ma quest'estate non hai letto niente? Ho cercato le recensioni sul blog ma non ne ho trovate».
Fa piacere sapere che ci sono amiche e amici che mi seguono, devo dire la verità.
Caspita, sì che ho letto! Ma questa estate piovosa mi ha talmente tenuta occupata che non ho avuto il tempo di scrivere. Forse non l'ho nemmeno cercato. Perché se uno cerca bene, un po' di tempo lo trova sempre.

Voglio cominciare questa piccola raccolta di recensioni con un libro che venerdì pomeriggio presenteremo alla libreria "La città del sole" e sabato sera al Caffé Basaglia. "Le eredità di Vittoria Giunti" è un libro-testimonianza scritto da Gaetano Alessi, che parte dall'esperienza di vita di Vittoria Giunti, partigiana e primo sindaco donna e comunista nella Sicilia del dopoguerra, e arriva al giorno d'oggi e alla difficile battaglia condotta da un gruppo di ragazze e ragazzi siciliani contro la mafia.

Tante volte ho scritto di quanto credo sia importante attualizzare la memoria e fondamentale applicare i valori tramandati dalla Resistenza al mondo di oggi, che quei valori sembra volerli ridurre a comparsa nei discorsi retorici. Gaetano sarà in valle e ci racconterà di un giornale, AdEst, e della sua impari lotta contro i poteri forti.

Grazie a un caro amico ho anche letto ben tre libri di Pino Cacucci: "¡Viva la vida!", "Ribelli!" e  "In ogni caso nessun rimorso". Nulla di nuovo, in questo caso. Sono libri che Cacucci ha scritto da anni ma che a me mancavano. Leggeteli, se mancano anche a voi. Un po' di spunti li daranno senz'altro. "Ribelli!", in particolare, mette il lettore a confronto con la determinazione di chi sceglie di non chinare la schiena ma di lottare, quasi sempre a prezzo della propria morte, contro i soprusi, con la speranza di un mondo migliore, Ben scritto e interessante perché dipinge anche personaggi su cui non si legge spesso.

Ma adesso basta con i libri politico-storici e passiamo ai romanzi.

Un'estate non è tale se non porto con me almeno un romanzo di Andrea Vitali, così come non è inverno se non leggo nulla di Stefano Benni. Quest'anno di Vitali ne ho portati due con me: il nuovissimo "Quattro sberle benedette" e "Un bel sogno d'amore", che ancora non avevo letto (chissà come, sfuggito).

Provo una profonda invidia per Vitali che riesce sempre a costruire storie di paese divertenti e piacevoli, ambientandole in un mucchietto di chilometri quadrati, là sulla sponda bellanese del lago di Como. Ancora una volta, quest'ultimo romanzo è da leggere tutto d'un fiato anche se "Olive comprese" resta il mio preferito.

Mi sono poi dedicata a due libri che hanno titoli lunghi come quelli delle pellicole della Wertmuller. Entrambi, devo dire, divertenti. "Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve" di Jonas Jonasson è l'incredibile storia di un uomo le cui vicende di vita sono talmente inverosimili da riportare subito alla mente Forrest Gump. Solo che quest'uomo, a differenza di Forrest, è molto abile con gli esplosivi e questa sua capacità gli permetterà di incontrare, nel corso del suo secolo e oltre di vita, molte persone - anche storicamente famose o famigerate - che hanno bisogno di far saltare qualcosa. Perché, mai come in tempo di guerra, saper maneggiare gli esplosivi può tornare utile e nel mondo, una guerra, la si trova sempre.


"L'audace colpo dei quattro di rete Maria che sfuggirono alle miserabili monache" mi ha fatto scoprire Marco Marsullo, giovanissimo autore, alla sua seconda fatica letteraria. Il libro è ironico e scorrevole e folle quanto basta per non far mai perdere la voglia di continuare a leggerlo. La storia vede protagonisti (questo è il mio anno dedicato alla terza età, evidentemente) quattro simpatici vecchietti che approfittano di una gita a Roma organizzata dalla casa di riposo per mettere in atto un piano degno di Ocean's 11. Andate anche a leggere il sito di Marsullo (cliccando qui). Così, come assaggio.

Infine c'è Sebastiano Vassalli e il suo "Terre selvagge". A me piace molto Vassalli anche se il mio preferito in assoluto, tra i suoi romanzi, rimane "La chimera".
Terre selvagge è a metà tra la Storia e un romanzo, tra la realtà e la finzione, che Vassalli mantiene separate con grande abilità senza mai farne soffrire la continuità della trama. E' il racconto dell'estate in cui i Cimbri raggiunsero il Piemonte, dopo una lunga serie di vittorie sul campo, per andare alla conquista di Roma. Raggiunsero il Piemonte e furono sconfitti. E' uno di quei brandelli di Storia che, forse, occupano tre righe sui testi scolastici e sei su quelli di latino. Vassalli, invece, riesce a creare una piccola magia, facendoci immaginare il paesaggio, gli animali, i vestiti dei soldati e sentire profumi e odori di quell'estate del seicentocinquantaduesimo anno dalla fondazione di Roma (101 a.C.)



Un piccolo estratto dal libro di Vassalli, per chiudere: «A poco a poco, i boschi sacri sarebbero scomparsi; i druidi avrebbero smesso di parlare con gli alberi e avrebbero finito per abitare nelle città diventando medici stregoni, ciarlatani e procacciatori di voti per la politica. L'antica religione si sarebbe persa, e l'unico principio rimasto a regolare le cose della natura e i destini degli uomini sarebbe stato quello del guadagno. L'unico Dio sarebbero stato i soldi: come oggi».

domenica 17 agosto 2014

Sotto il segno del vento



È certamente il vento. Sono nata sotto il segno dl vento.
Per questo il vento mi piace e allo stesso tempo lo detesto. 
Il vento che soffia freddo e mi costringe al riparo e allo stesso tempo mi fa sentire viva.
Il vento che soffia caldo e mi toglie il respiro e allo stesso tempo mi carica di energie nuove.

Stasera il vento spazza un condominio. 
Le finestre sono chiuse. Quasi tutte. Occhi chiusi in una notte appena iniziata.
Intorno solo mura e una palma, piccolina, che ti chiedi perchè sta lì, in quel luogo che evidentemente non avrebbe mai scelto come posto in cui vivere.
É chiusa anche la finestra del tale che non fa che insultare la moglie - "Cazzo fai?", la roba più genitle - che se io fossi in lei già dovreste portarmi le arance. E me la immagino una sera, vestita come Uma, che con la katana fa saltare prima i suoi coglioni e poi la sua inutile testa. E invece lei sono almeno due decenni che sopporta e come fa lo sa solo lei.
É chiuso l'attico del tale che faceva sempre le grigliate e noi lo si invidiava un po' perchè avere il balcone non è roba da tutti, figuriamoci un attico su cui fare le grgliate e invitare gli amici. 

Il vento soffia. Subito sembra freddo ma alla fine non lo è. Ti accarezza il viso, le spalle. Poi va via. Il vento non è mica una roba che viene quando la vuoi. Il vento arriva e si fa amare oppure odiare e poi se ne va com'era venuto. É facile così, se ci pensi. 

Ma io sono nata sotto il segno del vento. E non c'é montagna, non c'è pascolo, non c'è città o periferia che mi faccia sentire a casa come il vento. Se in un luogo il vento soffia, lì c'é un pezzettino di me.


lunedì 4 agosto 2014

Il libretto d'istruzioni

Tolleranza: (Zingarelli) cit. Disposizione d'animo per la quale si ammette, senza dimostrarsi contrariato, che un altro professi un'idea, un'opinione, una religione diversa o contraria alla nostra / Atteggiamento comprensivo, indulgenza.

Spesso, sono i miei figli a far nascere in me riflessioni sul significato delle parole e sulla loro applicazione nel quotidiano. Oggi, in una giornata di particolare quiete, io e Alice abbiamo avuto una discussione sul cibo.
La premessa è che io adoro cucinare e che, a casa nostra, raramente si mangia due volte di fila la stessa cosa a meno che non ne sia avanzata veramente molta (prima regola, non sprecare). Alice ha dieci anni, il cervello di una sedicenne e le abitudini alimentari di un bambino di quattro anni. Mangia poco e non sarebbe gravissimo perché le basta ma sfortunatamente mangia pochissime cose.
Oggi, seduta davanti a una rolatina di pollo sembrava l'avessi condannata alla sedia elettrica. La conversazione che ne è seguita, frutto di una giornata particolarmente quieta che mi ha dotato di molta pazienza, è stata più o meno questa:

«Alice, a me piange il cuore quando ti vedo soffrire così davanti a un piatto di carne. Io non voglio costringerti a mangiare la carne. Ma se non mangi la carne, devi magiare sufficiente verdura e legumi. Se tu mi dici che la preferisci io ti cucino la verdura»
«La verdura... a me piace l'insalata, gli zucchini, le patate e i fagiolini»
«Non basta. Devi mangiarne più tipi»
«Io non li voglio i broccoli»
«Niente broccoli. Ma devi mangiare almeno i piselli, gli spinaci, le costine... se vuoi al mare facciamo questo esperimento. Io ti cucino il pesce che ti piace e la verdura in tanti modi e se la mangi io non ti propino più la carne»
«Ma a me la carne impanata e i McNuggets piacciono»
«E quelli continui a mangiarteli»
«Va bene»

Così proveremo.
D'altra parte Alice ha già le sue idee tutte chiare e noi cerchiamo di lasciarla crescere in autonomia. Lei è l'unica credente di famiglia. Va in chiesa e a catechismo nonostante abbia genitori (e non solo) praticamente agnostici. Quando è stata ora di scegliere la sua via, lo abbiamo chiesto a lei e lei ha deciso. Una scelta che noi rispettiamo portandola a messa e a fare la comunione e tutto il resto.
E mi chiedo quanti cattolici rispetterebbero una scelta inversa.
E mi chiedo quanti vegetariani o vegani rispetterebbero una scelta inversa. E ricordo una coppia vegan con un bimbo di un anno e mezzo che mi chiede di portar via la pasta con le cime di rapa e salsiccia su cui il bimbo si era avventato «perché "noi" siamo vegetariani».

Per questo mi è nata la riflessione sul significato di tolleranza. La tolleranza si comincia a praticare nel quotidiano rispettando le scelte dell'altro. Perché la libertà altrui può arrivare fino al punto in cui non lede la propria.
E' un punto di partenza sul quale sto investendo molto, con non poco sforzo e lavoro su me stessa. E sarebbe una menzogna dire che ci riesco sempre. E' molto più comodo dire «Adesso basta! Mangia la bistecca» o «Non mangiare la bistecca che hanno ucciso una bestia per mettertela nel piatto».
A volte bisogna essere tassativi con i bambini. Ma loro non sono noi e hanno il diritto d'essere diversi da noi, pur insegnando loro che ci sono valori sui quali misurare ogni scelta.

E sarebbe molto più facile se ci fosse un fottuto libretto d'istruzioni. Almeno sui passi base dell'essere genitori.

lunedì 30 giugno 2014

Le ragioni sbagliate

Amico, fratello, amante mio,
ti scrivo ora che tutto il nostro tempo è trascorso, ora che il dolore si è attenuato, ora che il ricordo è tanto dolce e tanto forte che ne sento persino i profumi e gli odori. Ti scrivo ora che la mia mente è sgombra dalla pesantezza dei sentimenti. Ti scrivo ora che il cielo è terso e il vento leggero sposta le foglie di un verde brillante. Ti scrivo ora che quello che sento non è contaminato dal possesso, dalla gelosia e dal desiderio. Ti scrivo ora per dirti che avevi ragione ma per le ragioni sbagliate.

Amico,
hai sopportato e odiato le mie lacrime ma non hai negato l'abbraccio che mi serviva anche quando ti costava poiché ogni nostro gesto ha le sue conseguenze e, a volte, comportano scelte che non avremmo fatto. Ogni nostra parola è rimasta tra noi, ognuna come una pietra con la quale ci siamo costruiti e ci siamo feriti.

Fratello,
con te ho percorso tanta strada e vissuto attimi di gioia immensa e di profondo sconforto. Insieme e distanti abbiamo camminato a lungo, ci siamo persi e ritrovati ma abbiamo sempre vissuto ogni vittoria e ogni sbaglio non rinnegandoli mai. Ci siamo ricordati, ci siamo cercati e ci siamo allontanati perché ogni vita ha un ritmo e i nostri, solo a momenti, sentivamo all'unisono.

Amore,
se chiudo gli occhi sento la tua pelle, il tuo respiro accanto al mio, la tua voce. Le ore trascorse cercando di diventare una cosa sola, cercando nel piacere la strada e la risposta a domande diverse.

Per questo avevi ragione. Eravamo, siamo e saremo strade differenti che si incrociano a tratti. Strade che hanno la stessa meta ma percorsi per raggiungerla completamente diversi. Troppo tempo ha speso il mio cuore per capire ciò che da subito poteva, ma anche questo non rinnego: la cecità di un'incomprensione.
Avevi ragione, sì, ma per le ragioni sbagliate. 

Non era il non sapersi o volersi conciliare. Non era la nostra difficoltà a vivere i compromessi. Non eravamo noi, incapaci di trovare un pur periglioso sentiero comune. Era cercare di difendere quegli attimi di cristallo nei quali nessuno di noi due voleva essere diverso da com'era. Era la coscienza che se avessimo forzato la mano saremmo dovuti cambiare e non saremmo più stati noi, spezzando quell'improbabile perfezione che ci avrebbe unito per tutta la vita.

Fratello,
ti scrivo ora che il mio ultimo cerino sta per spegnersi, che la meta è raggiunta, che sto per uscire da questa piccola cella buia. Ti scrivo perchè tu sappia, perchè per me è importante. Che tu possa o voglia leggere, alla fine, non è importante.

(Nda) Non cercate in queste parole un protagonista. Non lo trovereste. Non cercate il vero ma seguite il senso di una storia che io ho rincorso, immaginando, in un pomeriggio d'estate .


martedì 3 giugno 2014

Sfogotto

Ho seguito il voto. Ho faticato e sofferto. Ho sperato e mi sono disperata.
Un'altra analisi del voto non serve a niente. Soprattutto se la scrivo io che, ormai è evidente, sono fuori dal mondo. E solo per un caso, forse anche grazie a quelle due per persone che ho convinto, non sono nuovamente rappresentata da una forza extraparlamentare.
Per cui questo post non è un post serio (men che meno con velleità giornalistiche #sapevatelo) ma solo uno sfogo. A otto giorni dal voto. Uno sfogotto.

Elezioni europee. Ovvero "L'Europa non vuole l'Europa".
Di Europa non ha parlato nessuno. O quasi. Ci ha provato Tsipras. Solidarietà, unione, accoglienza, cambiamento senza sopruso sono concetti vecchi, che non convincono, che non fanno breccia nelle menti offuscate dalla crisi. E' più facile dire che siamo senza lavoro per colpa dell'euro e di quelli che vengono qui a rubarci il lavoro e a mettersi in graduatoria prima di noi per le case popolari. Se poi hanno la pelle nera, il velo, gli occhi a mandorla è ancora meglio. Non dovrebbero scappare dalla guerra, dal patriarcato, dall'oltranzismo. Dovrebbero avere la decenza di morire a casa loro, che tanto la tivù, se non muoiono in massa, neanche ci disturba.
In Europa ha vinto l'odio a prescindere. 
La valle di Susa ha dimostrato che si può scegliere una strada diversa. A mio parere, avrebbe potuto essere un po' meno politicamente cieca ma tant'é. Alla val Susa va il merito che pensa con la sua testa e solo così si fanno passi avanti.

Elezioni regionali.
E' stato eletto Chiamparino. Lo si sapeva. Chi pensava ci fosse gara si sbagliava. Non so perché abbia perso del tempo a fare campagna elettorale. Voglio dire oltre 100mila (centomila, ripetetelo tra voi) persone hanno votato la Bresso per mandarla in Europa. Dopo che è stata governatrice di Regione.

Elezioni comunali.
In generale, in valle di Susa, il voto ha dimostrato che non serve un referendum per dire che la valle è No Tav. Lo ha fatto con percentuali bulgare, talvolta, e risicate, in altri casi. Lo ha fatto soffrendo e dimostrando che la ragione, anche se ci mette tempo, può riuscire a contenere gli slogan.
Il mio piccolo comune di residenza, noto come Bruzolo, ha rieletto se stesso, come fa dal dopoguerra ad oggi (con la sola differenza che il rosso si è sbiadito man mano) come se ci fosse davvero un progresso. Si elegge il delfino del sindaco e poi il delfino del delfino del sindaco e poi il delfino del delfino del delfino del sindaco ... ed evito di reiterare ad libitum. Ogni altra analisi sarebbe inutile, per quanto attiene a questo sfogotto.

La morale è: li avete/abbiamo eletti? Mo' ve/ce li tenete/teniamo per un altro simpatico quinquennio.

lunedì 26 maggio 2014

Regionali e amministrative val Susa 2014

Cercando di raccogliere tutte le informazioni possibili provo a fare sintesi.

Questa pagina sarà aggiornata continuamente.




ELEZIONI REGIONALI

Almese /  Chiamp. 38,58% - M5S 37,34% - Pichetto 16,51% - Crosetto 3,43%
Avigliana / Chiamp. 38,99% - M5S 33,66% - Pichetto 18,90% - Crosetto 4,15%
Bardonecchia /  Chiamp. 50,20% - Pichetto 22,82 - M5S 14,19% - Crosetto 8,08%
Borgone Susa / Chiamp. 34,66% - M5S 36,58% - Pichetto 19,74% - Crosetto 3,22%
Bruzolo / M5S 40,83% - Chiamp. 33,91% - Pichetto 17,67 - Crosetto 3,73% (El 1268 - Vt 979)
Bussoleno / M5S 45,02% - Chiamp. 31,86% - Pichetto 15,86 - Crosetto 3,26%
Buttigliera Alta / Chiamp. 46,24% - M5S 26,83% - Pichetto 18,14% - Crosetto 4,89%
Caprie / M5S 39,53% - Chiamp. 32,82% - Pichetto 16,77 - Crosetto 4,15%
Caselette / Chiamp. 40,31% - M5S 34,60% - Pichetto 17,30% - Crosetto 5,05%
Cesana / Chiamp. 44,42% - Pichetto 27,87 - M5S 15,87% - Crosetto 5,91%
Chianocco / M5S 44,79% - Chiamp. 29,46% - Pichetto 17,77 - Crosetto 4,22%
Chiusa S.M. / M5S 41,44% - Chiamp. 29,64% - Pichetto 17,95 - Crosetto 4,35%
Chiomonte / Chiamp. 35,14% - M5S 31,84% - Pichetto 23,43% - Crosetto 5,77%
Claviere / Pichetto 53,57% - Chiamp. 33,33% - M5S 7,14% - Crosetto 4,76 (El 176 - Vt 89)
Condove / M5S 40,63% - Chiamp. 33,40% - Pichetto 16,91% - Crosetto 3,44%
Exilles / M5S 53,04% - Chiamp. 24,39% - Pichetto 19,51 - Crosetto 2,43%
Giaglione / M5S 40,70% - Chiamp. 39,76% - Pichetto 11,05% - Crosetto 3,29%
Gravere / M5S 36,32% - Chiamp. 36,05% - Pichetto 21,12 - Crosetto 3,66 % (El - Vt 675)
Mattie / M5S 42,75% - Chiamp. 31,94% - Pichetto 18,42 - Crosetto 3,19%
Meana di Susa / M5S 37,88% - Chiamp. 27,30% - Pichetto 25,96 - Crosetto 5,19%
Mompantero / M5S 46,09% - Chiamp. 31,26% - Pichetto 15,36 - Altro Piem. 3,77% (El 558 - Vt 385)
Moncenisio / M5S 42,42% - Pichetto 21,21% - Chiamp. 18,18% - Altro Piem. 9,09% (El 38- Vt 35)
Novalesa / Chiamp. 42,85% - M5S 32,60% - Pichetto 17,08 - Crosetto 4,34%
Oulx / Chiamp. 38,76% - Pichetto 30,00 - M5S 22,34% - Crosetto 5,68%
Rubiana / Chiamp. 37,29% - M5S 33,77% - Pichetto 17,08% - Crosetto 5,28%
Salbertrand / Chiamp. 37,58% - M5S 31,37% - Pichetto 18,30 - Crosetto 7,51%
San Didero / M5S 47,56% - Chiamp. 27,77% - Pichetto 18,42% - Crosetto 3,50% (El 460 - Vt 361)
San Giorio / M5S 42,52% - Chiamp. 30,07% - Pichetto 11,70 - Crosetto 2,81% (El 832 - Vt 675)
Sant'Ambrogio / M5S 42,75% - Chiamp. 33,15% - Pichetto 16,98 - Crosetto 3,49%
Sant'Antonino / Chiamp. 38,57% - M5S 35,53% - Pichetto 17,78 - Crosetto 3,84%
Sauze di Cesana / Pichetto 41,02% - Chiamp. 24,35% - M5S 16,02 - Costa 10,25%
Sauze d'Oulx / Pichetto 30,93% - Chiamp. 30,73% - M5S 18,09 - Crosetto 17,89%
Sestriere / Pichetto 36,94% - Chiamp. 36,11% - M5S 13,61% - Crosetto 9,44%
Susa / M5S 37,88% - Chiamp. 31,01% - Pichetto 21,40% - Crosetto 4,33%
Vaie / M5S 46,99% - Chiamp. 31,53% - Pichetto 13,00% - Crosetto 3,55%
Venaus / M5S 59,89% - Chiamp. 26,12% - Pichetto 11,69% - Crosetto 2,24%
Villardora / M5S 36,92% - Chiamp. 34,32% - Pichetto 19,91% - Crosetto 4,44%
Villarfocchiardo / M5S 41,17% - Chiamp. 29,57% - Pichetto 21,11% - Crosetto 4,67%

Dal sito Ministero Interni










ELEZIONI COMUNALI



Almese// Bertolo Ombretta 45,01% - Genovese Pier Giuseppe 37,19% - Blandino Giorgio 17,78%
Borgone Susa // Alpe Paolo 51,14% - Cattero Viviana 45,85%
Bruzolo // Borgis Chiara 65,87% - Calcagno Gabriele 34,12%
Bussoleno // Allasio Anna 52,28% - Casel Luigi 47,71%
Buttigliera Alta // Cimarella Alfredo 50,16% - Andreis Dario 25,26% - Bavaro Luca (M5S) 19,99% - Carasso Massimo 4,57%
Caprie // Chirio Paolo 65,64% - Borghetto Alberto Franco 34,35%
Caselette // Banchieri Pacifico 36,00% - Garnero Elisabetta (M5S) 33,49% - Iguera Davide 30,50%
Cesana // Colomb Lorenzo 61,20% - Serra Roberto 38,79%
Chianocco // Galliano Giuseppe 60,95% - Medolago Luciano 39,04%
Chiomonte // Ollivier Silvano 55,77% - Joannas Giuseppe 44,22%
Chiusa S.M. // Borgesa Fabrizio 62% - Cantore Riccardo 38,00%
Condove // Emanuela Sarti 44,84% - Veggio Alberto 27,94% - Bruno PIero 17,21%
Exilles // Michelangelo Luigi 100%
Giaglione // Paini Ezio 77,14% - Gagliardi Monica 22,85%
Mattie // Vernetto Francesca 72,16% - Pittau Marina 27,83%
Meana di Susa // Cotterchio Adele 64,42% - Capella Leonardo 35,57%
Moncenisio // Perotto Bruno (Montagna che vive) 74,19% - Penoncello Piero Antonio 25,80%
Novalesa // Faletti Tullio 100%
Oulx // De Marchis Paolo 67,12% - Cassi Mauro 32,87%
Rubiana // Blandino Gianluca 45,83% - Bronuzzi Fabrizio 32,93% - Forte Daniele 21,23%
Salbertrand // Joannas Riccardo 100%
San Didero // Bellone Loredana 100%
San Giorio // Bar Danilo 68,69% - Clerico Marina 27,62%
Sant'Ambrogio // Fracchia Dario 70,24% - Zerbonia Angelo 29,75%
Sant'Antonino // Preacco Susanna 47,47% - Cappuccio Maria 34,30% - Favro Bertrando Laura 18,21%
Sauze di Cesana // Beria D'Argentina Maurizio 50,88% - Colli Maurizio 49,11%
Sauze d'Oulx // Meneguzzi Mauro 100%
Susa // Plano Sandro 50,10% - Amprino Gemma 49,89%
Vaie // Enzo Merini 78,28% - Melis Maria Laura 21,71%
Venaus // Durbiano Nilo 53,91% - Castaldini Stefano 46,08%
Villar Dora // Carena Mauro 70,79% - Franchini Giovanni 29,20%
Villar Focchiardo // Chiaberto Emilio 58,81% - Baritello Pierattilio 41,18%



mercoledì 30 aprile 2014

L'unica cosa da celebrare era la Resistenza

Ho appena finito di leggere "Zita" di Enrico Deaglio. E' un bel libro e scorre, anche se a tratti si perde in descrizioni che non incontrano il mio gusto. Ma non è per darne un giudizio complesso che ne scrivo. Vorrei copiarvene un estratto. Credo le più belle due pagine di tutto il romanzo (per lo meno quelle che ho amato di più). E' un po' lungo da leggere ma ne vale la pena.

[da Zita di Deaglio]
Quando era particolarmente caustica, la signora Giovanna si esibiva, davanti a loro che di anni al tempo ne avevano solo quattordici, in un succinto rendiconto del centenario dell'Unità d'Italia.
Dunque, dunque: i Savoia decidono di prendersi il sud, finanziano Garibaldi ma senza dirlo, e poi se lo fanno spremuto e lo buttano. Anzi gli sparano perfino in una gamba. Fine di Garibaldi, che era l'unico veramente eccezionale della storia italiana. Quindi i Savoia fanno finta di dare una regolata al Vaticano, ma subito dopo si accordano per spartirsi la torta. Passano i primi cinquant'anni: e siamo così poveri, dal Sud al Nord, che almeno venti milioni di nuovi italiani se ne vanno. Hanno talmente poca fiducia nel governo, nella Chiesa, nei borghesi; sono talmente disperati che raccolgono quattro stracci, prendono la nave e vanno nelle Americhe. Loro se la cavano e, siccome sono buoni figli, ci mandano anche i soldi e ci permettono di andare avanti».
A questo punto la signora Giovanna faceva una pausa: «E così finisce il secolo, i nostri primi quarant'anni. Ma aspettate, che adesso arriva il bello! Arriva la Prima guerra mondiale, e facciamo i furbi. Prima stiamo con gli uni e dopo con gli altri; alla fine ci ritroviamo con i francesi e gli inglesi, con dei generali fetenti che mandano a morire schiere di siciliani, calabresi, veneti, abruzzesi, analfabeti, che non capiscono neppure gli ordini e figurati di quanto gli può importare di Trento e Trieste. I generali li mettono in fila e li fanno fucilare. Per Trieste, poi! Per le smanie di quel degenerato di Gabriele D'Annunzio! Trieste era una città cosmopolita su cui gli italiani non avevano proprio diritti da avanzare. E ci facciamo altri vent'anni, e siamo già altre la metà del percorso.
Dopo arriva il mascellone Mussolini e fa l'Impero! Ah, quanto piaceva alla gente! Le divise, le feluche, le mignotte ministeriali, l'oro alla patria, i destini in Etiopia, il capo caseggiato, Hitler il nostro migliore alleato, l'olio di ricino.
Avevamo la monarchia, forse la peggiore casa reale di tutta Europa. Nel 1922 si lasciano volentieri spaventare e i fascisti si prendono il potere senza neanche che un carabiniere gli spari un colpo. Ah, i Savoia! I galantuomini! Il nonno emancipa gli ebrei, il nipote firma le leggi razziali. Che famiglia coerente! E se ne vanno altri vent'anni...
Il famoso centenario è tutto qua. L'unica cosa da celebrare era la Resistenza, l'unica, l'unica... Ma l'hanno già dimenticata... La sinistra? A Roma, nel '45, per scherzo ma non tanto, si diceva: "Le fabbriche agli operai, la terra ai Carandini", perché la famiglia Carandini, grandi principi e grandi latifondisti, erano diventati amici del Partito comunista, e quindi nessuno gli espropriava le terre».
E infine concludeva: «Non c'è da farsi illusioni, i fascisti son sempre pronti a uscire dalle fogne. A proposito, sapete come vanno in giro adesso i fascisti? Con il maggiolino Volkswagen nero decapottabile, è la loro divisa. Se vedi uno con la barbetta al mento e la Volkswagen nera decapottabile, non ti puoi sbagliare».

sabato 12 aprile 2014

Non abbiamo imparato un cazzo... e scusate il francesismo.

Tra due settimane è il 25 aprile. Torneremo in piazza a ricordare la Liberazione dal nazifascismo con i fiori e le corone e il minuto di silenzio ma diciamoci la verità non abbiamo imparato un cazzo.

L'italiano medio non ha neppure idea di cosa sia il fascismo, di cosa sia stato e di quali efferatezze si sia reso protagonista. Prima, dopo, durante il Ventennio e ancora oggi. 
L'italiano medio non sa perché ci sono quattro deficienti che il 25 aprile si ostinino a ricordare e non gli importa. Gli importa solo che sia festivo e che magari si può fare il ponte e andare al mare o anche stare a casa, in fondo c'è crisi, senza dover sopportare colleghi, clienti o persone a cui rendere conto. Una bella grigliata che a Pasquetta era brutto.

Poi ci sono quelli che invece la Resistenza.
Quelli che la Resistenza è importante però i migranti vengon qui a rubarci il lavoro e noi li accogliamo e gli troviamo persino un posto non pulcioso dove dormire a 'sti morti di fame.
Quelli che la Resistenza è importante e poi quei quattro professionisti del disordine bisognerebbe buttarli sotto chiave che quel che han da dire a noi non interessa e sono choosy e non hanno più voglia di fare i lavori umili.
Quelli che la Resistenza è importante ma il Tav porta lavoro e simpatia e amore per tutti e i valsusini vanno spianati perché son quattro montagnini ignoranti che si oppongono al progresso e vogliono che stiamo fuori dall'Europa e se fosse per loro mangeremmo ancora i licheni.
Quelli che la Resistenza è importante ma l'Europa è tiranna e ha ragione il Veneto che vuole la secessione e chi fa i tank coi trattori nelle cantine sono degli eroi.
Quelli che la Resistenza è importante ma i ragazzi della Diaz se la sono cercata perché dovevano stare a casa che non è vero che un altro mondo è possibile e tanto meno che esiste un diverso modello di sviluppo.
Quelli che la Resistenza è importante ma mio figlio in una classe con due romeni e tre maghrebini non lo lascio perché vedi mai che prendano le malattie d'altra parte non sai mai.
Quelli che la Resistenza è importante ma io a casa non faccio niente perché c'è mia moglie che fa la serva e cresce i figli e pure lavora e io sto da papa.
Quelli che la Resistenza è importante ma la differenziata che palle non sarà mica il mio vasetto di plastica buttato nella carta a rovinare il mondo.
Quelli che la Resistenza...

... Ho tanta rabbia oggi in corpo. Perché lottare contro il fascismo è già difficile ma lottare con chi, in teoria, dovrebbe essere amico è sfinente.

Tra due settimane è il 25 aprile. Ricordiamo. Ma anche pensiamo.

Vauro

domenica 6 aprile 2014

Da qualche parte arriveremo /4

Per i capitoli precedenti, cliccare qui.


- 6 -
Cambiamento

Terza superiore. Ora di matematica. Fuori è primavera. Siamo tutti distratti dal tepore, dagli alberi che mettono le foglie e i primi boccioli, dai raggi del sole che danno al cortile una luce diversa. Le trigonometriche non hanno speranza.
La bidella entra in classe e mi dice che la preside vuole vedermi. Non è mai successo. Sono nella grande massa degli invisibili, io. Quelli che non danno problemi ma che neppure eccellono. Sono abituata a fare quello che devo affinché le persone s'accorgano di me il meno possibile.

La presidenza è una stanza spoglia. Una scrivania e una pianta in vaso e poco altro.
"Ida, mi dispiace, tua madre ha avuto un incidente".
Non sa nulla la preside, se non dove è stata ricoverata la mamma. Sembra veramente addolorata. 
Esco da scuola e raggiungo in autobus il gigantesco casermone con i muri interni verde vomito.
Devo insistere un po' perchè mi facciano vedere la mamma.
L'hanno sistemata in una stanza singola. Ha la clavicola destra rotta, la faccia piena di lividi, la milza spappolata e l'avambraccio sinistro fasciato.
"Sono caduta dalle scale".
Certo.
Non riesce a trattenere una lacrima.
La bacio ed esco.

Ho cercato l'indirizzo mille volte. Faccio un'ora di mezzi per arrivare in città. Al centro anti-violenza mi ascoltano. Non riesco a piangere ma loro dicono che non ha importanza. Mi ascoltano per tutto il pomeriggio. Vogliono che la mamma vada a fare la denuncia. Ma io so che non succederà mai.
Quando torno in ospedale c'è un mazzo di rose rosse sul comodino. Sono di papà. Sembrano una minaccia.
Dobbiamo andare via.
"Hai ragione Ida, quando esco andiamo da qualche parte e ricominciamo. Vai a casa e metti qualcosa in valigia e poi porta la valigia da nonna".
Non le credo ma sbaglio. Il suo vaso si è colmato.


- 7 -
Torino

Torino. San Salvario. Sembra pieno di gente approdata in città perché fuggita da ogni dove.
Non conosciamo nessuno e per una volta mi sento sicura.
Mamma trova presto lavoro in un ristorante. Poi abbiamo qualche soldo da parte che, non so come, mamma è riuscita a nascondere. Abbiamo lasciato tutto a casa, come mi hanno consigliato. Telefonini, agende, appunti, ricordi. Tutto. 
Non abbiamo detto neanche alla nonna dove siamo andate. Lei ha pianto ma ha capito. Mamma le ha promesso che prima o poi sarebbe stato diverso.

Così, in qualche modo, ho preso il diploma e trovato lavoro in un negozio.
Enrico viene spesso a casa nostra e mangia con noi. Alla mamma piace. Educato e gentile, ci porta sempre un piccolo regalo per la nostra piccolissima casa, che ha preso la nostra forma e profuma e non è ostile.
Torino ci ha accolto. Bella, algida e incurante.
Forse mamma l'ha scelta proprio per quella sua austerità.
A me piace perché è quadrata e senza sorprese. Tutto è esattamente lì, dove te lo aspetti.
Una meravigliosa certezza.



venerdì 4 aprile 2014

Da qualche parte arriveremo /3

Per i capitoli precedenti cliccare qui: -1- // -2- e -3-

- 4 - 
La puzza

L'ospedale puzzava di vecchio e di stantio, come il nostro vicino di casa che non usciva mai dalle sue quattro mura. Quella puzza insopportabile mi spaventava più dei dottori, più del dolore, più di quel verde orrendo che si trova solo negli ospedali.
Il dolore non fa male.
Lo diceva sempre la mamma.
Mi mettono un gesso azzurro al braccio. Sorridono tutti. Mi dicono di fare più attenzione. Mi dicono che se vorrò far firmare il gesso da tutti, quando me lo toglieranno potrò tenerlo per ricordo.
Ma io non so se voglio ricordare.
Eppure ricordo. Ricordo. Soprattutto di notte, quando dormo e dovrei sognare sogni d'oro come diceva sempre la mamma.
Ricordo i tonfi soffocati e le lacrime. Ricordo la mamma con gli occhi bassi.
Sogno la paura che è tanto grande da prendere forma umana.
Mamma parla con il dottore. E' giovane e bello. Con lei non sorride. Poi mamma torna e mi abbraccia
"Ida, amore mio, papà non l'ha fatto apposta"
E, forse, ci crede davvero.


- 5 -
Enrico

Ho conosciuto Enrico una sera che grandinava. Me ne stavo lì, in mezzo alla strada e lui si è preoccupato per me. Mi è venuto vicino con un ombrello.
"Se non si ripara finirà per farsi male"
Il dolore non fa male.
Comunque, il suo sorriso era simpatico e l'ho seguito fin sotto un balcone.
Così ci siamo presentati e siamo andati in un bar a prendere un caffè aspettando che smettesse di grandinare.
Beveva il caffè amaro. Mi è sembrato un buon segno.
Così potevo non ricordare quanti cucchiaini mettere quando glielo portavo. Che non fosse troppo dolce o troppo amaro.
Ho chiuso gli occhi mentre lo beveva. Aspettavo le grida. Stupida. Incapace.
"Stai bene?"
E' buono il caffè?
"Ne ho bevuti di migliori ma non è male"
Mi ha sorriso. Non c'era traccia d'odio nei suoi occhi. Parlavano una lingua che io non capivo.


giovedì 3 aprile 2014

Da qualche parte arriveremo /2

- 2 -
La pace

Ho fatto pace con la mia paura di morire. Non so come sia successo. Non ho lavorato particolarmente su me stessa. Tuttavia, non so come, la mia fobia è rientrata nei ranghi di una paura normale. Come quella dei ragni. Una paura controllabile, razionalizzabile. Per lo meno per me.
Fin da ragazzina non ho mai potuto immaginare la morte. Un posto dove non c'è luce, non c'è musica, rumore, odori, sensazioni. Ansia. Il cuore che batte forte, incontollato. Il pensiero che non esce dal vortice come attratto da un buco nero, risucchiato dal terrore. Solo con grande difficoltà riuscivo poi a controllare il respiro, a cambiare pensiero, a uscire dal gorgo del nulla. Mi succedeva anche di notte. La paura della morte mi aggrediva e io mi svegliavo di colpo.
A volte sognavo di morire.
Una volta sono morta nel sogno e non mi sono svegliata, come sarebbe naturale. C'era il nulla. 
Troppo vuoto per una vita.
Solo il contatto con un altro corpo addormentato, un abbraccio rubato al sonno di un amore, riusciva a curarmi, per riportarmi alla vita di sempre e, solo talvolta, al sonno di cui ero stata privata. Spesso mi sono chiesta se è possibile morire per la paura di morire.


- 3 -
Il passato presente

Esco dalla stanza e irrompo in cucina con il velo da sposa che mi copre il viso adolescente. Troppi anni fa.
"Mamma guarda! Sono una bella sposa?".
Mamma impallidisce come se una mano invisibile le contorcesse lo stomaco. Si appoggia appena alla sedia. 
"Sei bellissima amore".
La sua voce esce a fatica ma a me sembra normale. Questo, ricordo.
Ho preso il vestito nelle scatole che ha appena portato la nonna. C'è tutto il vestito. É bianco, con una macchia di grasso sul fianco. Ne chiedo ragione.
"E' rimasto pizzicato nella portiera dell'auto".
La macchia di grasso c'è anche nelle foto archiviate col vestito da sposa nei polverosi scatoloni. Ospite invadente e sgradito nei pochi scatti di una vecchia Polaroid. 
Mi sento grande. Mamma vorrebbe lasciare quel vestito nel passato ma io insisto. Mi accorgo che non le va, forse, ma la ignoro. A mamma non vanno un sacco di cose. Mica posso sempre darle retta.
"Facciamo un gioco" mi dice.
Va bene.
Prendiamo il vestito di tulle e pizzo e raso e andiamo in giardino.
Mamma si accende una sigaretta. Prende l'alcol che usiamo per il barbecue.
"Vediamo quanto ci mette a bruciare"
Fico. Mamma non butta mai niente.
Non mi fa accendere. Dice che è pericoloso.
La stoffa brucia in fretta. Restano piccole pezze bianche e puzza di plastica sciolta.


Da qualche parte arriveremo

Guidando mi nascono le idee. Come in nessun altro posto. Così, oggi, ho pensato che mi piacerebbe usare il blog anche per un esperimento. Io ho scritto una cosa. Diciamo un racconto lungo. Ve lo propongo "a rate", di tanto in tanto, sperando che mi aiutiate a capire dove vuole arrivare e cosa vogliono da me i suoi personaggi.
Scrivetemi cosa ne pensate. Sul blog, su Fb, Twitter o in privato, via mail. Scrivetemi quel che vi viene in mente. Mi manca un tassello. Chissà che non lo ritroviate voi e che, insieme, possiamo completare il puzzle.



- 1 -
La fine

Una giornata nuvolosa e grigia in cui non si capisce se di lì a qualche ora si scatenerà il diluvio oppure se salirà il vento di phoen a spazzare via tutto. Ecco. La mia vita era in un momento così quando decisi di mettere fine alla sua vita. 
D'altra parte, era una vita che non meritava niente se non che qualcuno la stroncasse. L'avevo capito da tempo, ma una volta diluviava e un'altra soffiava vento forte. E ci va quiete per ragionare.
Ero lì, in cucina, seduta davanti a una tazza di the, quando presi la decisione. Ti sembra una stanza adatta?

«Non cambierà nulla il fatto che me lo racconti».

Lo so.
Prima o poi pioverà forte oppure salirà il vento. Prima o poi cambierà il tempo e mi piace pensare che qualcuno sappia che non è stato un gesto d'impeto. Sono stata arrabbiata e ho sofferto. Avrei potuto farlo allora. Invece ho atteso la quiete. Ho aspettato di essere certa di ciò che volevo.