mercoledì 31 ottobre 2012

Protestare fa male (ma anche no)

Manifesti? Botte e repressione. Protesti? Botte e repressione. Ultimamente va così per "l'uomo della strada", tasse, tagli ai servizi sociali, tagli su stipendi e pensioni e manganellate. Probabilmente l'ottica è: non cerchiamo le ragioni del dissenso, tacitiamolo. Il governo lo vuole e le forze dell'ordine seguono il diktat (immagino, senza troppo sforzo). Ma un "illuminato" una volta mi disse (in conversazione privata quindi non violo alcuna tutela della fonte non citandolo) che anche il bailamme, a un certo punto, deve finire.

Insomma, basta. Dicono. E manganellano. Per abituarci all'idea.

Manganellano gli studenti (minorenni) alle manifestazioni. Torino insegna.

Manganellano negli sgomberi dei rave party.

Manganellano gli sfrattati delle case popolari.

Manganellano ancora gli studenti. In via Verdi. Ma in altre vie cambia poco.

Manganellano in valle di Susa, ma per questo non vi metto neanche il link perché è ormai di dominio pubblico.

Sono solo alcuni casi. Perché ci sono i pastori sardi, gli operai, gli occupanti dei centri sociali e via dicendo.

Forse, e dico forse, vi sarete accorti che si è alzato "un poco" il livello della repressione da Genova in poi. Genova appare, oggi, un esperimento. Per vedere fino a che punto i cittadini e le cittadine possono accettare supinamente la repressione violenta. Tanto che le sentenze di Genova hanno restituito solo una piccola parte di giustizia.

Ci si chiede se la volontà è quella di spaventare i cittadini e le cittadine che, secondo quanto garantirebbe la Costituzione, hanno il diritto di scendere in piazza. Scendere in piazza fa male. Protestare fa male. Questo è il messaggio. E ci si chiede fino a che punto questa repressione violenta potrà accrescere se stessa. Non so voi, ma io sono seriamente preoccupata. Perché mi sembra di fare un salto indietro in decenni che a me parevano, fortunatamente, accantonati.

Le ragioni del dissenso paiono non interessare a nessuno se non le piccole (o meno piccole) comunità che le portano avanti. Credo che chi ci governa conti molto sul fatto che un coordinamento fattivo tra tutte queste realtà è molto difficile da attuare. Il governo cerca di difendere un sistema che non funziona più, che si è dimostrato largamente fallimentare soprattutto nella difesa delle fasce deboli. Sarebbe, invece, più saggio cambiare direzione in cui camminare. Cominciare a reprimere meno e a ridistribuire di più. Io penso.

Ellekappa per il movimento disabili (oggetto di pesanti tagli).

lunedì 29 ottobre 2012

Non dimentichiamo

Domenica, a Predappio, si sono ritrovati i "nostalgici" del Duce, per il 90° della marcia su Roma. Tutto esaurito e statuette di Mussolini che vanno via come il pane. L'olio di ricino non è compreso. Per fortuna non ho visto i tiggì ieri e questa notizia mi è giunta oggi, che ho più tempo per dire la mia.

Ora, io vorrei ricordare a tutta Italia (pare dimenticarlo) che l'apologia del fascismo è un reato. Lo dice la Costituzione italiana, non Paola Meinardi. Credo, peraltro, che l'apologia del fascismo sia l'unico reato mai perseguito. Si permette a neofasci e neonazi di sfilare con le croci celtiche e facendo il saluto romano, con tutto il dolore e la morte che quei simboli ricordano e portano con sé, e poi si mette in galera l'anziana che, al supermercato, ruba qualcosa per poter sopravvivere alla fame. Non solo. Ma non ci sono mai neppure voci autorevoli di condanna, se non rare e comunque inascoltate e prive d'eco, in tali occasioni.

Apologia (Cit. Zanichelli): Esaltazione, elogio
Ovvero: è reato esaltare/elogiare il fascismo. Reato. Ricordiamolo.  

Io mi chiedo, poi, come si possa essere nostalgici di un regime che vietava qualsiasi tipo di libertà personale, che sopprimeva fisicamente non solo chi palesemente non era allineato ma anche chi si supponeva non esserlo, che ha allevato a suon di propaganda e olio di ricino due generazioni, che si basa sul razzismo, l'intolleranza, l'odio per il diverso. Nostalgici di cosa? E non mi venite a parlare dei treni in orario e delle paludi che mi salgono i conati.

Il fascismo e il nazismo, qui in valle di Susa come in tutto il mondo, hanno fatto solo vittime, portato la fame e la guerra, costretto allo sfollamento, messo fratelli e sorelle gli uni contro gli altri. La nostra Costituzione, quella che permette ai fasci di Predappio di sfilare, è stata scritta con il sangue di chi quel fascismo ha combattuto, trasversalmente, dai repubblicani ai comunisti, dai democristiani ai laici. Giovani uomini e donne che, invece di mettersi la camicia nera, hanno scelto di stare dalla parte giusta, dalla parte della libertà, della fratellanza, della tolleranza. Pagando con la propria vita, con quella dei propri cari, incarcerati, torturati, uccisi.

Il fascismo è stato violenza senza fine e noi non possiamo permettere che questo sia dimenticato. Non dovremmo permettere raduni, apologie, alcun cosa che abbia come finalità l'odio.

Vi cito questo estratto da un articolo di Adnkronos (http://www.adnkronos.com/IGN/Regioni/EmiliaRomagna/Tutto-esaurito-a-Predappio-per-90-anniversario-marcia-su-Roma_313835814284.html): Ben diverso il discorso tra fine agosto e inizio settembre, quando proprio Domenico accompagna i turisti a visitare la stanza che occupo' Mussolini: "Diciamo che almeno la meta' dei visitatori non e' composta da turisti solo curiosi, ma da veri e propri nostalgici del fascismo: si ripetono spesso scene con gente che piange o comunque si commuove o persino che bacia o abbraccia il busto del duce collocato nella stanza". 

Io ne ho vista tanta di gente piangere pensando a Mussolini ma non era nostalgia. Ho il ricordo dei miei vecchi e di tutti i partigiani (che la vita mi ha dato l'onore di conoscere) e so, anche se non c'ero, cosa sia stato il fascismo. Il fascismo è un ragazzo di 16 anni appeso e morto dissanguato con la lingua mozzata perché aveva fatto la "spia". Il fascismo sono gli innocenti ma non conniventi impiccati ai balconi di mio nonno. Il fascismo sono i bombardamenti di rappresaglia che hanno ucciso donne e bambini. Il fascismo è la paura che la generazione dei miei genitori si porterà sempre dietro per essere stati bambini ai tempi di Mussolini. Il fascismo è l'orrore di una madre che deve piangere il figlio ammazzato per strada e non può neanche portarselo via per lavarlo e dargli degna sepoltura. Il fascismo sono ragazzi ammazzati di botte, l'impossibilità di trovarsi in più di tre per strada, le leggi razziali.

Il fascismo è questo che vedete a sinistra. Ragazzi torturati, uccisi a forza di botte e poi lasciati insepolti. Ragazzi che le donne di San Giorio hanno lavato e ricomposto con un coraggio che solo le donne nella Resistenza hanno avuto.

Dovremmo essere nostalgici di cosa? Facciamo valere la nostra Costituzione. Indigniamoci.

Oggi, ora e sempre Resistenza.

domenica 28 ottobre 2012

Un posto in prima fila


La fila per comprare un posto in prima fila
Nevica in valle di Susa. Una nevicata eccezionale che arriva "fuori stagione". Sono decine i valsusini (ma non solo) in fila ad aspettare il proprio turno per poter comprare il proprio posto in prima fila. Quarta tranche: 2000mq circa di terreno a San Giuliano di Susa (dove dovrebbe sorgere la stazione internazionale) e 1500mq circa di terreno a Chiomonte, in Clarea, nell'occhio del ciclone. Nevica e fa freddo ma le persone chiacchierano, ordinatamente in fila indiana, e ingannano il tempo che scorre lento.
Sono 1175 i No Tav che hanno voluto esserci per essere in prima fila quando sarà il momento. 1064 firmeranno oggi. Gli altri lo hanno già fatto. Il più lontano viene da Empoli. Un atto semplice, 20 euro e una firma. L'iniziativa era nata con lo scopo di complicare le procedure di esproprio da parte dei promotori della Torino-Lione e per poter essere, legittimamente, sul posto durante le procedure preliminari all'esproprio, come la verifica della consistenza dei terreni. Era successo a Chiomonte, quando i proprietari del terreno espropriato (ma già recintato e, di fatto, parte del cantiere) erano entrati nel "fortino" ad accompagnare i tecnici per le verifiche suddette.

La polentata

Al "Presidio internazionale", i comitati anti-Tav e gli attivisti lavorano perché ci siano generi di sussistenza per tutti, per affrontare il freddo e l'attesa. Sotto un tendone i tavoli, per mangiare, e fuori due paioli di polenta, panini, dolci, the caldo, caffé. Etinomia ha portato i banchetti a chilometri zero dei suoi aderenti così, mentre aspetti, puoi anche comprare due cose per la cena o per fare un bel dolce alle mele una volta arrivati a casa.
Un pupazzo di gommapiuma rappresentante la sindaca di Susa, Gemma Amprino, attende i firmatari sulla porta. Opera di Piero Gilardi, come le tante altre creazioni che fanno capolino alle manifestazioni o nei presidi anti Tav sparsi per la valle.

Oggi, il Movimento No Tav compra il suo quarto posto in prima fila. La lotta alla Torino-Lione prosegue. E non sarà certo un'inaspettata nevicata "fuori stagione" a fermarla.


Pupazzo di Gilardi
La coda sotto la neve
Mario Fontana esibisce l'ultimo modello di felpa made in Comitato No Tav Susa-Mompantero

sabato 27 ottobre 2012

Un futuro con meno montagna

Vista di Bussoleno dall'alto
La Comunità montana valli Susa e val Sangone chiuderà il 31 dicembre 2012. Come tutte le altre comunità montane del Piemonte. Lo vuole la Legge regionale 192, in un'ottica di riorganizzazione degli enti in un'ottica di risparmio. Questo, secondo i promotori della legge.

Difficile capire secondo quale ottica di risparmio si cancellerà un ente che, almeno qui, è utile e svolge molteplici funzioni per costringere gli amministratori a costruire, in futuro, qualcosa di analogo (un unione di Comuni?)  per gestire i medesimi servizi, mettendo a rischio il personale e costringendo i cittadini a cambiare riferimenti ormai consolidati.

La spesa per la gestione del Consiglio e della giunta di Comunità montana non è certo quello spreco di risorse pubbliche che bisognerebbe colpire. E mentre si chiude la Comunità montana, secondo un taglio orizzontale assolutamente inclassificabile, il vero spreco di risorse resta.

I dipendenti della Comunità montana valli Susa e val Sangone hanno voluto organizzare un momento pubblico per discutere del futuro dei servizi ora gestiti dall'ente (martedì pomeriggio, alle 17) e ne riporto, qui di seguito, il comunicato integrale.

Alcuni accusano la Comunità montana di fare "politica", di occuparsi di questioni che non la riguarderebbero (in primis il Tav). Ma io credo che, se un ente che si occupa di un territorio abbia il dovere di esprimersi in merito alle questioni che interessano il medesimo territorio. Essendo ente di secondo grado è il risultato elettorale, più spostato verso il centrosinistra piuttosto che verso il centrodestra, che ne determina l'equilibro politico. Si può, quindi, non essere d'accordo sulla linea che l'ente tiene ma non lo si può accusare di illegittimità.

La Comunità montana chiude. Cosa sarà in futuro?




La Comunità Montana chiude. La montagna sarà meno tutelata.

La Comunità Montana chiude dal 1° gennaio 2013, ma chi lo sa? Crediamo pochi, perché non ne sta parlando nessuno.
Il guaio è che con la Comunità Montana chiudono parecchi servizi, ai Comuni ed ai cittadini, e non è per niente garantita la loro continuazione.
In campo agricolo, ambientale, forestale, della cultura, del lavoro, del turismo la Comunità Montana ha svolto finora, per delega o per Legge, un’importante funzione di “presenza” sul territorio.
Martedì 30 e mercoledì 31 ottobre ci sarà “Comunità Montana a porte aperte”, due giorni per discutere, riflettere, informarsi e soprattutto manifestare solidarietà ai dipendenti dell’Ente che stanno affrontando un futuro molto incerto e per nulla sicuro come posto di lavoro.
Chi nel tempo ha avuto un qualsiasi beneficio dalla Comunità Montana, passi a mettere una firma; chi ha partecipato ad un nostro bando o progetto, progettato opere, elaborato documenti pianificatori, effettuato consulenze, partecipato ad un corso professionale o ad un aggiornamento tecnico, redatto perizie, passi per cortesia nel pomeriggio del 30 ottobre a Bussoleno in Via C. Trattenero 15, dalle 17,00 in poi, a testimoniare che non chiude un Ente inutile o sprecone e a manifestare la sua preoccupazione perchè dal 2013, salvo i premi comunitari, terminerà ogni integrazione di reddito ed aiuto locale alla montagna.

I dipendenti della Comunità  Montana valle Susa e Val Sangone

giovedì 25 ottobre 2012

L'ignoranza eletta

Questo signore che vedete qui a sinistra si chiama Richard Mourdock ed è il candidato repubblicano al Senato in Indiana. Mercoledì ha detto, scatenando giustamente un'ondata di dissenso, che se una donna resta incinta dopo uno stupro «è la volontà di Dio». Dunque, ne consegue, l'aborto è, e resta, un omicidio.

Superando lo sconcerto, lo sgomento e la rabbia che un'affermazione così pesantemente oltraggiosa nei confronti delle donne suscita, le riflessioni che la stessa affermazione porta a fare sono molte.

La prima è che è incredibile come ogni destra sia pesantemente razzista nei confronti di etnie/persone con diverse condizioni sociali (al punto da immaginarne la ghettizzazione o persino lo sterminio), sostenga la pena capitale e il porto d'armi per la difesa personale e poi si erga a difensore della vita e dei precetti cristiano-cattolici quando si arriva a parlare d'aborto. Non si può solo definire incoerenza.

La seconda riflessione è che è incredibile come a voler gestire l'utero delle donne ci siano sempre e solo gli uomini. Da mamma, che sa quanto amore si prova nei confronti dei figli, immagino la donna vittima di stupro costretta a tenere quel bambino che ogni giorno, per tutta la vita, le ricorderà quell'orribile momento e quel trauma impossibile da superare. Nel migliore dei casi sarà costretta a "rompersi" dentro, divisa tra l'amore per la creatura a cui ha dato la vita e l'orrore per essa stessa. E mi chiedo, se fosse la moglie di Mourdock ad aver subito violenza e ad essere rimasta incinta, sarebbe ancora dello stesso parere. Alleverebbe quel figlio come se fosse il frutto del proprio amore? Resterebbe tutta la vita al fianco della sua donna, lasciando solo per lei le sue attenzioni sessuali, attendendo che lei (forse) riesca a superare il trauma e a tornare a voler guardare un uomo in faccia?

La terza riflessione è che non c'è ancora alcuna consapevolezza di cosa può significare uno stupro per una donna. Ragionando come la destra (e anche parte della sinistra) ragiona, verrebbe da chiedere che ogni persona che se ne salta fuori con affermazioni di questo tipo sia lasciata sola nei bagni di una prigione dopo aver sparso la voce che sia dentro per reati di pedofilia. Invece, cosa faranno gli americani dell'Indiana con grande probabilità? La eleggeranno al Senato.

Da qui alla politica italiana, dove gli esempi di grettezza e ignoranza sono lampanti e comuni quanto negli States che, non so per quale motivo, vogliamo ostinarci ad imitare in tutti i suoi peggiori aspetti. In Italia, dove il peggio dell'ignoranza (anche qui) viene talvolta premiata con l'elezione. Ogni anno, anche qui si cerca di mettere mano alla legge 194 e a farlo sono quasi sempre e solo uomini. Invece di evolverci sembra che cerchiamo di tornare indietro. E' ora di dire basta. Anche per questo motivo.

Qui, l'articolo di Repubblica:

martedì 23 ottobre 2012

Blindatissimo

Blindato. Blindatissimo. Per essere un convegno voluto non per parlare di Torino-Lione ma di sviluppo si è parlato tanto di Tav. Per essere un convegno per superare le contrapposizioni preconcette si è rimasti piuttosto sulle proprie posizioni preconcette. Io penso. Ma, siccome sono convinta che le opinioni debbano crearsi analizzando i fatti e non viceversa, del convegno del Pd intitolato "Val di Susa: ora lo sviluppo" (che si è svolto ad Avigliana ieri) vi dirò attraverso le dichiarazioni dei protagonisti raccolte dalla mia penna.

Spintoni del mattino
Quello che si può aggiungere ai fatti è che c'era un dispiegamento di agenti inimmaginabile per un semplice convegno e che quando sono arrivata (intorno alle 8,45) un gruppo di quegli stessi agenti stavano allontanando un così ridicolo numero di manifestanti No Tav a spintoni (in quel piazzale gigantesco) che la situazione sembrava surreale. 

Si può aggiungere che non solo i giornalisti ma persino gli stessi relatori del convegno e gli amministratori che volevano essere presenti hanno fatto fatica ad accedere alla sede del convegno stesso, tanto da dover cominciare in ritardo.

La sottoscritta è entrata solo grazie all'intervento di un volto noto della Digos torinese, sempre presente alle manifestazioni valsusine, che mi ha riconosciuta e aiutata a superare la barriera di agenti in assetto antisommossa.
Il blocco e Alberto Perino

Così, la prima dichiarazione che ho raccolto ieri mattina è stata quella di Alberto Perino: «Tutto questo è di uno squallore unico. Vorrei sapere quanto costa in spese per l'ordine pubblico questo convegno aperto al pubblico e vietato alla gente. Solo il Pd poteva fare una cosa del genere contro la valle». La seconda, di segno opposto, è stata quella di Antonio Ferrentino, sindaco di Sant'Antonino e organizzatore del convegno: «L'ordine pubblico non lo gestisco io. Noi abbiamo chiesto che si potesse entrare essendo aperto al pubblico. E' una cosa incredibile perché questo non è un convegno sulla Torino-Lione».

Per il resto, non posso che riportare alcune dichiarazioni di alcuni dei relatori. Sono piccoli stralci che non hanno la pretesa di essere esaustivi né della giornata né degli interventi stessi ma danno un'idea di quanto detto e ciascuno potrà approfondire come crede.

Silvia Fregolent, capogruppo Pd in Provincia: «Importante parlare di lavoro perchè è un'emergenza nazionale. Qui, lavoro significa anche Tav e in democrazia non possono esserci argomenti tabú».

Alcuni dei relatori
Stefano Esposito, parlamentare Pd: «Non è un convegno sulla Torino-Lione, che è solo un pezzo della complessa tematica del lavoro. Qui abbiamo offerto un parterre per parlare di lavoro e chi rinuncia, sbaglia. Vogliamo anche discutere di opportunità e rapporti con il territorio. Si contesta il governo quando fa i tagli e non lo si loda quando stanzia 800milioni per l'unica grande opera. Vogliamo capire se gli attori del territorio pensano che questa possa essere un'opportunità. Vorremmo poter discutere senza spiegamenti di forze immensi oltre che costosi».

Gianfranco Morgando, segretario Pd Piemonte: «Abbiamo provato più volte a spostare l'attenzione dalla contrapposizione Tav sì/no allo sviluppo e questa volta ci siamo riusciti. Sulla Torino-Lione sono stati raggiunti risultati che rendono la realizzazione dell'opera un fatto definito e compiuto. Per la trasformazione dell'opera in un'opportunità ci vorrà ancora del tempo ma possiamo guardare al futuro».

Luigi Chiabrera, presidente della Turin Marathon ed ex presidente dell'Atl Montagnedoc: «Per il raddoppio del tunnel del Frejus e per il Tav non deve succedere come l'autostrada dove siamo stati traditi con qualche marciapiede e qualche campo da calcetto. Questo convegno è un momento per riprendere un discorso che si è interrotto prima delle olimpiadi. I territori di transito devono essere anche oggetto non di compensazioni ma di grandi progetti strategici di sviluppo».

Ancora Ferrentino: «Dobbiamo andare oltre la sterile contrapposizione e ribadire che si può lavorare insieme anche pensandola diversamente su un singolo argomento. Faremo delle proposte per lavorare su diversi fronti tra cui il turismo. La valle di Susa dev'essere un territorio agibile alla politica. Proviamo a realizzare un tavolo di lavoro tra le varie forze politiche e sindacali e gli attori sul territorio. Chiediamo garanzie per questo territorio ma in valle di Susa lo sviluppo è possibile».
Improta e Fassina

Guido Improta, sottosegretario ai trasporti: «A marzo di quest'anno il governo Monti ha voluto ricominciare da zero ripassando in rassegna tutti gli studi e le proiezioni sulla Torino-Lione e talvolta chiedendone altri. Le risultanze di questo processo hanno confermato la necessità di procedere, con piena convinzione, alla tempestiva realizzazione dell'opera». Improta ha definito essenziale la spinta europea verso una riduzione dell'impatto sull'ambiente e il trasporto modale e riguardo la decisione di procedere in un momento di forti tagli su altri capitoli del bilancio, tra cui il welfare, dice: «Quel tipo di servizi deve trarre le risorse da una maggiore qualificazione e razionalizzazione della spesa e dalla lotta all'evasione. E' giusto soddisfare questo tipo di richieste ma non sottraendo risorse agli investimenti. Per questa ragione, nonostante la situazione complessa, abbiamo stanziato per la Torino-Lione 790 milioni di euro».

Antonio Saitta, presidente della Provincia: «Siamo stati i primi a chiedere una progettazione che tenesse conto del territorio e che ne prevedesse lo sviluppo. L'attuale progetto Tav non ha nulla a che vedere con quello vecchio ed è molto più tutelante. Sono stati ottenuti grandi risultati che vanno a merito di chi ha lavorato seriamente. Il quadro è mutato e se non ci fossero state le opposizioni pregiudiziali, parte di quel piano di sviluppo sarebbe partito».

Stefano Fassina, responsabile nazionale economia e lavoro del Pd,: «Noi non vogliamo lasciare sola la valle di Susa ma vogliamo dare un gran sostegno alle forze produttive, agli amministratori e alle forze dell'ordine che consentono alle aziende di lavorare. Oggi era un momento per discutere e dover attraversare posti di blocco delle forze dell'ordine ha un carattere di eccezionalità che non esiste in nessun altra parte d'Italia. Esiste una questione democratica e, a tutti i livelli, bisogna lavorare perchè si perda questo carattere di emergenzialità». Fassina ha "bacchettato" il Governo per le politiche che sta portando avanti, che a suo parere non danno i risultati sperati. «Lo sviluppo deve essere l'obiettivo primario - ha proseguito Fassina - anche passando attraverso le infrastrutture. Dobbiamo rimettere al centro l'economia reale. Sappiamo bene che ci sono problemi di risorse e non si possono fare i miracoli ma è necessario capire se esiste una strategia e fare le nostre scelte. Se ci fosse un'attenzione alle imprese di questo territorio in relazione al Tav sarebbe un segnale positivo. Di qui, il tavolo di confronto lanciato da questa sede può essere una prima risposta». 



sabato 20 ottobre 2012

DonneInMovimento e no alla violenza.

La valle di Susa è un laboratorio politico molto vivace, anteprima di quello che potrebbe (con un po' di impegno) essere in molti altri posti d'Italia. Tra le iniziative in programma in autunno, questa due giorni (17/18 novembre) mi è particolarmente cara, perché tratta un argomento di cui troppo poco si parla anche se è sempre tristemente all'attualità della cronaca nera. Per contrastare la violenza sulle donne non può bastare qualche spot del Ministero. Ci vuole più cultura e coscienza di sé.

Questo è il manifesto. E... se non ora, quando?

Ah, c'è anche una pagina Fb ... cliccate su "Mi piace" se vi piace. https://www.facebook.com/pages/Donne-In-Movimento/497486986942501



No Tav e Giornata internazionale contro la violenza sulle donne



Aggredire nella sua prima accezione significava avvicinarsi ma, nel tempo e per adeguarsi  alle necessità della comunicazione bellica, si è trasformato in assalire con violenza e all'improvviso. Ecco che il linguaggio familiare e aperto viene trasformato dalla mascolinità violenta della guerra. Troppe donne, troppo spesso, sono aggredite dentro e fuori la famiglia, stuprate, usate, schiacciate, cancellate dalla brutalità maschile. Sono ben novantotto le donne, vittime di violenza, uccise da inizio anno in Italia. Quasi una ogni due giorni.
In Valle di Susa, come in qualsiasi altro luogo della terra, noi donne abbiamo il dovere di denunciare e lottare contro questa violenza maschile.
In Valle di Susa, ci troviamo anche nella necessità di lottare contro la violenza dello Stato e delle mafie nei confronti della terra. Vogliono imporci la devastazione del territorio con un’opera dannosa per la salute, per l’ambiente e che ipoteca il nostro presente ma anche il futuro di tutte le figlie e i figli dell’avvenire.
Per questo, in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, vorremmo che tutte le donne valsusine si sentissero coinvolte nel dar vita a una due giorni di eventi che si svolgerà a Bussoleno nel fine settimana del 17/18 novembre 2012. L’idea è quella di coinvolgere attrici, artiste, artigiane, hobbiste, intellettuali, scrittrici, fotografe e tutte coloro che hanno idee e voglia di proporre, per creare non soltanto una giornata da vivere con la comunità tutta, all’aperto, ma anche una serie di eventi e approfondimento sul tema della violenza contro le donne e contro la terra.
Il fine settimana si concluderà con una passeggiata in Val Clarea per rendersi conto con i propri occhi di quello che la violenza delle lobby economiche è in grado di masticare e distruggere.
Chiediamo a tutte le donne che hanno un’eco più grande, grazie ai successi personali ottenuti nel corso degli anni, di condividere questo nostro manifesto e di aderire – anche solo formalmente nell’impossibilità dell’essere presenti di persona – affinché la voce delle donne della Valle di Susa possa essere ascoltata, discussa, condivisa.


DonneInMovimento


Per aderire o per informazioni dimvalsusa@libero.it



giovedì 18 ottobre 2012

Selezione sociale

Cremaschi a Bussoleno
Ieri sera, nella sala consigliare bussolenese, si è svolta un'assemblea alla quale ha partecipato Giorgio Cremaschi, leader Fiom, per lanciare il "No Monti day" del 27 ottobre a Roma.

Devo dire che raramente nella vita mi sono trovata d'accordo con un oratore per l'intero contenuto del suo intervento, ma ieri sera con Cremaschi è stato così. Sono le parole che mi aspetterei di sentir dire da un leader di sinistra. Non che non vada bene ascoltarle da un sindacalista ma sarebbe meglio se dietro di lui non ci fosse il vuoto.

Cremaschi ha aperto il suo intervento dicendo ai valsusini come la lotta al Tav Torino-Lione sia importante per tutta Italia. Non solo per il merito della questione ma anche per il livello di maturazione raggiunto dai cittadini. «Se ci fosse in tutta Italia questa maturazione li avremmo sbancati tutti».

L'inciso seguente è stato dedicato al lavoro. Non più lavoro a tutti i costi, come si intendeva una volta ma «un lavoro dignitoso che non faccia ammalare né chi lavora né chi sta attorno al lavoro». Taranto insegna.

La questione sulla quale mi sono trovata particolarmente concorde con Cremaschi riguarda, però, la gestione politica della fase attuale da parte della nostra classe dirigente. Da una parte si alimenta la povertà e il degrado e dall'altra si punta sulle grandi opere inutili. «Non è un caso e non è un primo tempo - ha detto il leader Fiom - Vogliono proprio questo. Vogliono abituarci a questo. Chi ci governa ha in mente un progetto di società in cui l'uguaglianza non esiste più. Vogliono abituarci alla "selezione sociale" sulla base di un presunto "merito". Fallito il modello economico che hanno portato avanti, pensano non di abbandonarlo ma di difenderlo rendendolo ancora più feroce».

Il "merito" che permette di ottenere diritti essenziali: scuola, salute, lavoro. Non più punto di partenza ma punto di arrivo dell'esistenza.

Ci prova Cremaschi. «Dobbiamo costruire una risposta insieme a tutti coloro che lottano e non si arrendono. Ci vuole una vera opposizione perché Monti non è una parentesi. Ci sono altre piattaforme ma non hanno voce. Non le ascolteranno mai finché non metteremo in discussione il centro del potere».

mercoledì 17 ottobre 2012

Aspettiamo gli elefanti

Mezzo miliardo di euro. Persino la sola stesura del progetto preliminare della Torino-Lione costa di più. Eppure, dove ha deciso di andarlo a prendere il governo-che-nessuno-ha-votato? Alle cooperative sociali che si occupano delle persone disagiate.


Mi chiedo quale può essere il limite al di là del quale gli italiani si arrabbieranno, spegneranno le televisioni e si coordineranno per mandare a casa questa classe dirigente che sta facendo gli interessi dei ricchi, dei forti e dei furbi a discapito di tutti coloro che ricchi, forti e furbi non sono. Cioè la stragrande maggioranza,

Un paio di giorni fa un'amica mi ha detto: «Vedrai che da adesso in poi andrà meglio. L'anno prossimo ci sono le elezioni». Un'analisi che non condivido. Questo governo-che-nessuno-ha-votato potrà continuare a disossare poveracci e classe media fino alla fine, poiché non deve temere di non essere rieletto. A sostenerlo ci sono i Bersani, Berlusconi, Casini di turno, che prima delle elezioni potranno smarcarsi dicendo (come già fanno) di non aver avuto scelta per il bene del Paese. E gli italiani li voteranno di nuovo. Perché gli italiani sono di coccio, evidentemente.

Mi ricordo prima del 2006. In valle di Susa vennero tutti a elemosinare voti ululando che il Tav non s'aveva da fare, che era un'opera inutile e dannosa. Verdi, Girotondini, l'allora sinistra dei Ds che poi fu Sel, Prc. Presero percentuali che in valle di Susa non avevano mai neanche osato sperare. Dopo le elezioni (Prc a parte, che sembra continuare a sostenere l'inutilità della To-Lione), improvvisamente non era poi così importante essere contro il Tav. Giusto per dirne una, eh! Non è certo l'unica posizione che abbiamo visto mutare nel corso degli anni.

Oggi, di nuovo promesse e tanti tagli. Posizioni poco chiare e programmi fumosi su qualsiasi tema, in particolare sul sostegno al disagio, ai lavoratori, alla scuola e alla ricerca. Non parliamo poi della tutela delle coppie di fatto o del voto agli immigrati. La nostra Costituzione, scritta col sangue di un'intera generazione di ragazzi e ragazze che sapevano bene da che parte stare, è diventata un foglio giallo e sbiadito a cui si guarda solo per fare i discorsi "alti", come le citazioni in latino. 

Il dado è tratto, Monti. Aspettiamo gli elefanti.

domenica 14 ottobre 2012

Ma fatemi il piacere

Non ce la posso fare. Volevo commentare l'ennesimo uxoricidio per motivi futili (avvenuto a Collegno, a due passi da casa nostra). Ma non ce la faccio. Il livello di violenza raggiunto dalla nostra società è spaventoso e si manifesta sempre nelle modalità più agghiaccianti. Non ce la faccio. Verrebbe un pistolotto illeggibile sullo stile paci-femminista e poi mi sale il nervoso, mi metto ai fornelli e la mia famiglia diventa obesa.

Indi per cui, ho deciso di commentare oggi per voi, miei amati lettori, un articolo di colore apparso affianco a uno dei 300 articoli dedicati al bambino prelevato con la forza a scuola per toglierlo alla madre e darlo in custodia al padre. Non mi dilungo. E' il MUST di questi giorni. Non potete non averne sentito parlare.

L'articolo di colore suddetto parlava di come noi, genitori moderni, tarpiamo le ali ai nostri poveri figli. Con tanto di schema in 10 punti, che vorrei ripercorrere con voi.

1) Più ozio: servono momenti non programmati dagli adulti. Dicono. Io parlo per me, ma l'ozio per i miei figli consiste nella tivù. La tivù è negativa. Alimenta la violenza e l'attitudine a far parte di un branco di pecore. Perciò se devo programmare la loro giornata dicendo "niente tivù" lo faccio. Ma poi, per favore, i nostri figli  occidentali sono tra gli esseri più liberi che il mondo abbia partorito in millenni di evoluzione.

2) Liberi di sporcarsi: deve poter giocare con la sabbia, la terra, l'erba, i sassi, l'acqua. Dicono. Se continuiamo a cementificare ci vorrà una riserva naturale. Ma i bambini non c'entrano niente.

3) Attenti agli odori: deve riconoscere i profumi offerti dalla natura. Dicono. Vedi sopra. Poi immaginiamo un bimbo di città e l'olezzo di cassonetti a fuoco, smog, acciaierie e chi più ne ha più ne metta.

4) Serve il dialogo. Dicono. Mio padre non dialogava. Ordinava. Io ubbidivo. Tuttavia non mi sembra di essere particolarmente squilibrata.

5) Uso delle mani: deve piantare chiodi, incollare, legare, accendere un fuoco. Dicono. Anche imparare a leggere, a coniugare un congiuntivo e a ragionare, direi. Ma questo pare che importi solo a me.

6) Un buon inizio: fin dalla nascita cibi sani, acqua pulita e aria pura. Dicono. Se mia nonna avesse avuto le ruote sarebbe stata una carriola.

7) Giù in strada: a giocare liberamente e camminare in strada. Dicono. D'altronde, meno bambini in vita meno pensioni future da corrispondere.

8) Vicini alla natura: costruire un rifugio, giocare in un bosco, arrampicarsi sugli alberi. Dicono. Avendoceli, il bosco e gli alberi. Qui li avremmo ma cercano di asfaltarli.

9) Favorire il silenzio. Dicono. Non c'è più nulla di silenzioso in quest'epoca nostra. Il silenzio è stato ucciso. Se solo potessimo far tacere d'ufficio chi dice una cosa e ne pensa un'altra, forse ne ricupereremmo una parte.

10) Le sfumature: a vedere il sorgere del sole e il tramonto, la luna e le stelle. Dicono. Prova a stare in città o anche solo in paese e a cercare di guardare il cielo di notte. Se vedi una stella è perché passa un aereo diretto a Caselle. Ma fatemi il piacere, va.

venerdì 12 ottobre 2012

Un funghetto buono buono

Eccomi qua a parlare di cibo. Non era mia intenzione diventare una "food blogger" ma il cibo fa parte della vita e non parlarne, per lo meno per me, non è possibile. Alla fine mi toccherà di cambiare il sottotitolo a questo mio blog, perché sta diventando qualcosa di molto diverso da ciò che avevo immaginato alla sua creazione. Vedremo.

Comunque. E' stagione di funghi. C'è chi li va a cercare e chi, come me, non li troverebbe neppure se emettessero un qualche tipo di verso ma questo è irrilevante. Supponiamo di avere tra le mani un bel porcino. Diciamo un porcino normale, non un nero o un ovulo da insalata. Decidiamo di farci la pasta. E' vietato ucciderlo con una pasta di semola qualunque... vietato. Ci vuole la pasta all'uovo fresca.

Tagliatelle ai porcini fatte da chissà chi e prese dal web
Ora, chi di voi la fa normalmente penserà che è un'ovvietà. Mentre altri, come la mia mamma (da cui è evidente non ho preso questo mio amore per la cucina), penseranno "ma ci vuole un secolo e io non sono capace!". E invece è semplicissimo. E in odore di decrescita sarà meglio che impariamo tutti a farla, la pasta in casa, che si risparmiano soldi, la pasta è più buona e non si producono rifiuti se non il guscio delle uova.

Le prime volte conviene che impastiate su una superficie piana ma l'impasto si può agevolmente fare anche in una terrina, grossa abbastanza da consentire la lavorazione con le mani. Dosi: un uovo ogni 100 grammi di farina. Ho un'amica che ci mette meno uova e aggiunge acqua. Ma io sono una purista della pasta all'uovo.

«Non cucino mai, non ho la bilancia». Partite da un pacco da un chilo e andate a occhio per farne almeno 400 grammi. Tanto si va a occhio lo stesso perché a volte bisogna aggiungere farina se le uova sono particolarmente grandi e metterne un po' meno se sono striminzite.

Lavorate la pasta. Parecchio. Fino a che non è una bella palla giallina che vi stacca l'impasto dalle mani. Fino a che, quando la schiacciate col dito, lei incassa e ritorna lentamente nella sua posizione originale. 

A questo punto sarebbe bellissimo che voi aveste una macchina per la pasta. Anche non elettrica. Una bella Imperia manuale degli anni '50 come quella che ho "rubato" alla mia mamma che non la usava mai. Vi evita un pacco di sbattimento. Avendola, basta montarla e assicurarla al tavolo, prendere una parte dell'impasto, fare la sfoglia molto sottile (più sottile se volete le tagliatelle - al massimo della capacità della macchina della pasta - e un po' meno se fate i tagliolini) e poi passare la sfoglia là dove la macchina la trasforma in tagliatelle/tagliolini. Infarinate tanto la sfoglia prima di fare questa operazione e infarinate ancora i tagliolini dopo. Altrimenti mangerete un grumo tutto appiccicato. Vi assicuro che più semplice farlo che spiegarlo.

Se non avete la macchina della pasta, dovete avere molto tempo. La stessa operazione di creazione della sfoglia va fatta con il mattarello. Se non avete neppure il mattarello vi tocca di comperarlo perchè è indispensabile. «Quanto va sottile la sfoglia?». Tantissimo, un millimetro o due al massimo. «Non so come misurarla». Non serve. Si vede a occhio. Poi la sfoglia va tagliata in rettangoloni uniformi, infarinata moltissimo, arrotolata lungo un lato e tagliata a fettine sottili come una tagliatella o un tagliolino, per poi riaprirla e re-infarinare le tagliatelle/tagliolini.

Tempo di cottura: due minuti. Per la pasta. Il porcino va trifolato prima. Se vi devo tediare anche su come si trifola un porcino, ditemelo. Buon appetito!

Questi tagliolini ai porcini, invece, sono miei


giovedì 11 ottobre 2012

Tornare a casa da scuola

Ogni tanto mi sveglio e penso di essere nel paese dell'assurdo. Una sorta di Wonderland dove tutte le regole sono stravolte e, come se non bastasse, non c'è la parte ludica. Il mondo della scuola lascia in me le più profonde perplessità perché ad esso si applica tutta la peggiore burocrazia.

Da qualche anno, ogni famiglia con figli alle scuole elementari compila un ameno foglietto con la lista delle persone che possono prelevare il proprio figlio da scuola, comprensivo di carta d'identità di ciascuna e di firma congiunta. Fino all'anno scorso, se - metti caso - tuo figlio per tornare da scuola doveva fare 80 metri senza neanche attraversare una strada, potevi firmare e dire "Mio figlio/a torna a casa da solo/a" e trullarellando se ne tornava a a casa da solo/a.

Da quest'anno no. DEVI andare a prenderlo. Anche se abiti a 80 metri da scuola. Anche se fa quinta elementare. Anche se abiti a Bruzolo che, come mi disse una volta un vecchio partigiano, non è proprio Nuova York. Anche se firmi una liberatoria. Qualsiasi sia l'anche, devi andare a prenderlo. Se a scuola ci arriva da solo, per la Scuola in quanto istituzione non è un problema. Ma tornare da scuola da solo, non può.

Questo non vale per il catechismo, per esempio. Firmando l'apposito foglio, mio figlio/a può tornare a casa da solo/a dalla parrocchia a casa (altri 90 metri lineari circa) trullarellando. Anche in prima elementare. Anche se abiti dall'altra parte del paese. Se qualcuno gentilmente mi potesse spiegare perché posso sollevare un prete/catechista da questa responsabilità e non la scuola gliene sarei grato.

mercoledì 10 ottobre 2012

Soldi al futile, tolti all'utile.

Sono di nuovo piuttosto alterata. Leggo, dal Sole24Ore:

PONTE SULLO STRETTO: 300 MILIONI PER PENALITÀ 
Il Governo ha stanziato fondi per la realizzazione della Torino-Lione mentre ha archiviato, con uno stanziamento da 300 milioni per il pagamento delle penalità, il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina

Per pagare anche la Torino-Lione nonchè un COMMISSARIO che si occupi della legge anticorruzione (i corruttori e corrotti da soli non riescono a farsela), nel medesimo provvedimento, sarebbe: aumentata l'Iva di un punto (chi la pagherà? noi), aumentata la tassa sulle riserve tecniche delle assicurazioni (chi la pagherà? noi) e... ciliegina sulla torta... una picconata a chi sta peggio.

Nel dettaglio: Arriva una stretta sui permessi previsti dalla legge 104/1992 per il disabile o per la cura di parenti affetti da handicap: la retribuzione per i giorni di permesso (tre al mese) scende al 50% a meno che i permessi non siano fruiti per le patologie del dipendente stesso o per l'assistenza ai figli o al coniuge.

A questo punto mi chiedo perchè non ci fanno pagare di più anche per costruire una nuova base militare, uno spazioporto o un grandissimo monumento all'idiozia umana. E paghiamo anche l'idiozia umana passata di un uomo con manie di grandezza (che mezza Italia ha votato, ricordiamolo) che ha immaginato un ponte inutile ancorché tecnicamente folle e ci ha costruito su un bel po' di consenso.

Non c'è speranza. Non c'è.

martedì 9 ottobre 2012

Sempre e solo precariato

Vorrei cominciare con "Goooood morning America" ma qui non siamo in America e questo non è un film.

Supponiamo per un solo istante che al termine "flessibilità" si possa dare un'accezione positiva. Supponiamo un mondo in cui "flessibilità" significa che se perdi un lavoro perché non c'è più richiesta di un prodotto/servizio trovi, in un tempo ragionevole, un nuovo impiego, mettendo a disposizione quello che sai e imparando quello che è necessario. Supponiamo che tutti contributi versati vadano in un sol cumulo al di là del mestiere che hai fatto e che si possa sempre accedere, al di là di tutto, a quella miseria del sussidio di disoccupazione che lo Stato mette a disposizione.

Invece, "flessibilità" oggi, per lo meno qui e per specifiche categorie di lavoratori, significa solo che fanno meno fatica a piegarti e a darti una bella pedata sul sedere. Il precario dell'editoria, poi, rappresenta l'ultimo anello della catena alimentare, è sub-umano, posizionato tra la tenia e l'essere monocellulare. Persino il lavoro nero sembra preferibile agli occhi del precario dell'editoria poiché permette, per lo meno, di risultare nullatenente (cosa che praticamente è in ogni caso).

Il precario dell'editoria ha una sola vocazione: lavorare tanto per guadagnare quasi nulla e, alla fine, avere la certezza che tra le mani non gli resti nulla per il futuro. In un posto qualsiasi, con un contratto qualsiasi (persino lo stesso Cocopro che in questo caso non vale nulla), se dopo oltre 10 anni di lavoro presso la medesima azienda ricevi il benservito, per ragioni che non dipendono dalla tua volontà, hai diritto a qualche riconoscimento.

Mi ricordo una bella puntata di Report dedicata al precariato. Fu l'unica trasmissione ad avere il coraggio di denunciare anche la drammatica situazione dei precari dell'editoria, una selva di contratti atipici e partite Iva che ha doveri importanti - giustamente - e praticamente nessun diritto.


Precariato by Vauro
Buongiorno Italia

sabato 6 ottobre 2012

Crespo e Morgana - Racconto #2

Morgana - Particolare di affresco

Crespo passeggiava per l’ufficio, lentamente, studiando ogni passo. Era diventata la sua unica attività alla MotraTech, da circa dieci anni. Prima di allora era tutto diverso: una brillante carriera, amici veri e falsi, cene d’affari e trasferte. Uno stupido errore lo aveva confinato tra quelle quattro mura e, con il passare del tempo, la MotraTech si era dimenticata di lui. Il telefono suonava solo quando era sua madre a chiamarlo. Nessuno gli affidava nuovi incarichi o gli chiedeva un aiuto. Nessuno aveva bisogno di lui. Nessun collega gli chiedeva di pranzare insieme. Tutta la nuova leva di impiegati non sapeva neppure che ci fosse qualcuno nell’ufficio M47. Lo stipendio arrivava regolarmente solo grazie ad una serie di automatismi e di suddivisione dei compiti.

Può sembrare una situazione snervante e patetica, ma Crespo era tranquillo. Con il tempo aveva imparato a non sentire nemmeno più la noia. Ne era diventato parte integrante, l’aveva smontata, analizzata in ogni sua parte e ricostruita. E dopo questo studio minuzioso, la noia, come noi la conosciamo, non esisteva più. Era diventata una creatura reale, con la quale Crespo spesso dialogava.
Non ho paura di morire. Sono già morto. Guardami. Sono solo e non ho un ruolo su questa terra, né qui né a casa. Misuro, ogni giorno, la stessa stanza con i miei passi. L’inchiostro delle mie penne stilografiche si è seccato. Ogni mattina arrivo alla stessa ora e me ne vado via ogni sera alle cinque. Un po’ di spesa. A rotazione, sempre lo stesso cibo. Mi preparo la cena ed il pranzo per il giorno dopo. Dopo? Caffè, televisione ed un buon sonno.”
Sei una persona abitudinaria. E’ un delitto?”
Abitudinario, prevedibile, ripetitivo… monotono.”
Quanti sinonimi conosci?”
Mille e più. Sono tutti i tuoi nomi. Ma io ti chiamerò Morgana anche se un nome così bello e creativo non si adatta a chi non conosce il significato di immaginazione.”
L’immaginazione è bella?”
E’ meravigliosa”
L’immaginazione è colorata?”
Con ogni tonalità esistente e con molte che ancora non hanno un nome”
L’immaginazione è dolce?”
Il più succoso frutto del paradiso terrestre”
Profuma?”
Ha il profumo della pelle dei neonati”
Non riesco a vederla”
Io sono diventato cieco”

Crespo, un giorno si intestardì. Doveva far capire a Morgana cos’era la fantasia. Si fermò di colpo in mezzo alla stanza e lei ne risentì. Era il primo gesto non previsto ch’egli compiva da un mucchio di tempo.
Che fai?” gli chiese. Aveva sentito un lieve dolore.
Prendi la musica…” le confidò Crespo, ma non seppe continuare. Per lui era già palese, ma allo stesso tempo non trovava più, dentro sé, le parole giuste per dare un senso ai suoi pensieri. Morgana era impallidita e lo guardava con un’espressione preoccupata.
Lascia stare la musica. E’ il momento del caffè. Esci sempre per il caffè a quest’ora”. Lo incalzò e lui si lasciò fare. Come ogni giorno. Pensare era diventato faticoso. Troppo faticoso. Ricordare, anche più faticoso. Aveva, infine, dimenticato anche perché ne valesse la pena. L’abitudine era comoda, come la sua poltrona preferita davanti alla TV.
Ma, nonostante questa pigrizia derivata dalla monotonia più mera, Crespo non era una di quelle persone che si davano per vinte. Dopo essere uscito dall’ufficio, come sempre alle cinque, e dopo aver sbrigato le solite commissioni, Crespo si ricordò di aver promesso a Morgana di trovare un significato all’immaginazione. Si preparò la cena, mentre lei lo guardava accigliata, e mangiò insolitamente in fretta.
Perché ti affretti?”
Non mi sto affrettando. Mi è solo venuta in mente una cosa. Forse posso spiegarti cos’è la fantasia.”
Lascia stare. Non mi interessa.”
Perché? Non sei curiosa?”
Curiosa, io? Non so che significa la curiosità.”
E’ impossibile. E’ la voglia di aprire un pacchetto di Natale, il desiderio di conoscere ciò che non conosci.”
E a quale scopo?”
Per curiosità! Solo perché non lo sai.”
Morgana si sedette davanti al televisore.
Adesso ti faccio vedere.” Crespo andò nella sua stanza e cercò dei fogli bianchi ed alcune matite colorate. Sapeva di averle nascoste da qualche parte anni prima. Ci mise quasi mezz’ora a trovarle. Andò in cucina e disegnò un salice piangente. Fece attenzione ai particolari, colorò il cielo e dipinse le venature foglia per foglia. Quando finì cercò Morgana per farle vedere ciò che la sua fantasia aveva prodotto. Ma Morgana era sparita. Crespo era troppo stanco per cercarla così s’addormentò, tra il soddisfatto e il deluso.
Morgana non si fece viva per qualche giorno. Quando tornò Crespo non era più in grado di descriverle quel particolare stato d’animo. Stava di nuovo misurando a grandi passi il suo ufficio.
Ti odio. Ti presenti sempre quando sai di essere al sicuro da ogni discussione.”
Ma quale discussione? Io non discuto mai.”
Avevo fatto un bel disegno.”
Lo vedo. E’ carino. Cosa volevi dimostrare?”
E’ stato un parto della mia fantasia.”
Bravo.”
E’ tutto quello che sai dire?”
Morgana tacque.
Se resti te ne faccio un altro.”
Non le diede il tempo di rispondere. Si avvicinò alla scrivania e dipinse ancora. Morgana non assistette. Dipinse per giorni in ufficio. Fece decine di quadri, sempre diversi, convinto che Morgana sarebbe tornata ed avrebbe capito. Ma con il passare del tempo si dimenticò di lei. Prima scordò il suo volto e poi la sua stessa esistenza.
I quadri erano belli. Crespo era un uomo pieno di talento. Un giorno qualcuno li vide e se ne innamorò. Fece una mostra che ebbe successo e Crespo si trovò in un battibaleno fuori dalla MotraTech a vivere delle sue opere. Si era persino fatto lo studio in casa. C’erano colori dappertutto, tele, pennelli, matite, china. Ebbe tanto successo che cominciarono a commissionargli ritratti.
Fu nella casa della contessa Marina, mentre meccanicamente riproduceva quel volto su tela che Morgana ricomparve. Sembrava fosse passato un solo giorno. In quel momento fu Crespo a capire perché, in quegli anni, lei non gli era stata vicino.

venerdì 5 ottobre 2012

Differenziamo?

La raccolta differenziata. Premesso che aprire il cassone della carta e trovarci di tutto tranne la carta o gli scatoloni interi non schiacciati è una delle cose che più mi infastidiscono nella vita (anche se meno dei discorsi della Santanché), mi sono accorta che spesso non sappiamo esattamente dove conferire i diversi tipi di rifiuti.

Allora, in rete, ho "rubato" la guida che mi sembrava più dettagliata e ve la posto a seguito. Ne ho trovata anche una fichissima (http://www.amaroma.it/raccolta-differenziata/dove-si-butta/dove basta scrivere cosa vuoi buttare e lei ti dice dove devi buttarlo. Ma è online e difficilmente quando hai le mani sporche di rifiuti e di lavori di casa hai voglia di digitare sulla tastiera. Invece le immagini che ho adattato per questo blog sono stampabili. Chissà mai che serva.

Istruzioni per l'uso: siccome qui non è possibile per motivi di spazio mettere le immagini in dimensione originale, su ciascuna cliccate con il tasto destro del mouse e scegliete "Apri il link in un'altra scheda". Poi, se vi serve, o stampate o salvate l'immagine.

Differenziata A/B
Differenziata C
Differenziata D-G
Differenziata I-O
Differenziata P-R
Differenziata S-Z

Lo scoiattolo e la volpe

Stamattina, mentre percorrevo strada delle Crotte, una stradina secondaria che unisce Bruzolo con Bussoleno, mi ha tagliato la strada uno scoiattolo. Succede spesso qui di vedere animali selvatici ma ammetto che la meraviglia è sempre grande. Era vivace e carino, con la coda folta e pelo marrone scuro. Ho frenato per lasciarlo passare e mi sono goduta questo incontro inatteso.

Una volpe rossa
Ma la meraviglia è durata pochissimo. Neanche 30 metri dopo c'era una volpe. Morta. Sicuramente era stata investita da un'auto passata prima, magari nella notte o il mattino presto. Una tristezza immensa mi ha pervaso guardando quegli occhioni dolci ormai privi di vita. Mi sono chiesta la motivazione per la quale chi l'ha investita non si è fermato per lo meno a spostarla o a chiamare qualcuno che la venisse a prendere. Se non si ha sottomano il numero apposito della Provincia o il numero del Comparto alpino To3, basta telefonare in Comune o ai carabinieri, che reindirizzano a chi è incaricato del recupero.

La convivenza con gli animali selvatici impone che gli automobilisti, almeno in stradine come quella di cui sopra, vadano piano. In primo luogo per salvaguardare la vita degli animali. Poi, perché se invece di una volpe si investe un cinghiale o un cervo (succede, talvolta, sulla statale 24 tra Chiomonte e Gravere) può essere l'auto ad avere la peggio. Fino all'anno scorso la Provincia di Torino dava un contributo in caso di sinistri con ungulati selvatici. Ora c'è crisi e quindi è tutto sospeso. Un motivo in più per andare piano.

Per chi vuole approfondire:
http://www.provincia.torino.gov.it/natura/fauna_flora/rimborsi/tabelle/danniung

mercoledì 3 ottobre 2012

Sogni in cubi - Racconto #1


Una donna con un pellicciotto sintetico dal colore postatomico si avvicina noncurante. Gli sguardi di fuoco le bruciano le calze ed i tacchi delle scarpe, sottili come le sue caviglie. I suoi passi risuonano nel silenzio, anche se mai prima hanno suonato, ed il leggero ticchettio sembra pioggia che cade sul tettuccio dell’auto. Il sole sta sorgendo e dipinge il quadro con tutte le tonalità di rosso, giallo ed arancio che un uomo possa immaginare e con qualcuna che non avrebbe mai immaginato. E stupisce ancora, nonostante siano millenni che replica lo stesso spettacolo.

Tutto, intorno a quel buffo pellicciotto, prende i colori del giorno mentre gli animali notturni prendono la via di casa, promettendo di restituirla la sera stessa, e ritornano con la coda tra le gambe al piccolo nido che qualcuno pulisce e sistema per loro. Li puoi distinguere dalle creature diurne dall’espressione spenta di chi vive la più intensa e faticosa esperienza umana, sebbene a volte si possa trovare un’espressione simile altrove, volendola cercare. L’assenza di luce scompare totalmente ed il traffico divora la città. Fiumi di persone si riversano ovunque ed il ticchettio dei passi scompare coperto da miliardi di suoni diversi. Lontane, le sirene delle navi. Più vicini, il rombo dei motori delle auto, un vociare confuso, urla di bambini, qualche motocicletta e serrande che si aprono, il boato potente della metropolitana, i clacson, lo sbuffare delle porte dell’autobus, le campane di una chiesa allo scadere dell’ora e milioni di passi affrettati.

La donna con lo strano pellicciotto entra in un caffè. Il profumo dei croissant caldi le assale le narici, ma lei si siede ed ordina solo una tazza di tè. Lo beve amaro e fuma nervosamente come se aspettasse qualcuno e temesse un ritardo. Nel bar fa caldo, ciò nonostante la donna tiene il pellicciotto ben chiuso. Le si arrossano le guance mentre la sua attesa si prolunga evidentemente. Accende un’altra sigaretta proprio quando arriva il mio autobus e mi porta via.

A tre fermate da dove mi trovavo capisco che devo scendere. Un po’ mi spiace di essere partita prima di sapere chi aspettava quella donna, ma la curiosità si spegne non appena scendo dal bus ed affondo i piedi nudi nella sabbia calda e morbida di una grande spiaggia dorata. La casa è poco lontana. Ha i muri bianchi e le finestre marrone scuro. La sabbia comincia a scottare ma è solo un attimo. Mi guardo i piedi e vedo un paio di zoccoli olandesi e non riesco a ricordare se anche prima le avessi. In fondo ha poca importanza perché sono arrivata alla casa e sto aprendo la porta.

Prima di entrare guardo il mare e vedo due uomini seduti in una barca. Uno di loro mi saluta e mi fa cenno di avvicinarmi. Sono indecisa se entrare o raggiungere l’uomo. Sento il rumore delle onde ed il fresco provenire dall’interno della casa. Vedo il sole che si specchia nel mare e la penombra delle stanze protette dalle tende pesanti. Approfitto comunque del costume che indosso e mi tuffo assaggiando la salsedine rimasta sulle mie labbra appena riaffioro.

Sola, in mare aperto. La costa non si vede più. Ho paura degli squali o forse di annegare perché prima o poi mi stancherò di nuotare. Non ci sono gabbiani. Non si sente nessun rumore se non lo sciabordio leggero delle onde. Il mare è calmo e il sole rovente. Acqua. Acqua dappertutto. Nuotare in una direzione o nell’altra è lo stesso. Non riesco ad orientarmi e mi assale un profondo senso di panico dovuto alla mia impotenza. Infine mi decido e comincio a nuotare. Non sono mai stata molto brava e mi stanco subito. A tratti nuoto e poi mi fermo a galleggiare per riprendere fiato. Al panico si sostituiscono stanchezza e frustrazione. Presto la disperazione. Lacrime salate scendono sulla mia faccia salata e le gambe cominciano a dolermi.

Penso d’essere perduta e quasi mi viene voglia di lasciarmi andare, così che il mio destino si prenda cura di me. Non ho più paura. Il vuoto si è impadronito del mio cervello annullandolo. Dove sono? Perché io? Aiuto. E finalmente lontana un’imbarcazione. Urlo e l’acqua del mare mi entra in bocca. Urlo più forte e non mi spiego come io sia riuscita ad emettere un suono così potente. Qualcuno laggiù mi vede e mi raggiunge. Mi tirano a bordo e dal sollievo mi addormento (o svengo?).

Quando mi sveglio attorno a me un gruppo di persone mi guarda e sorride. Il letto su cui sono distesa non è il mio, ma non ha molta importanza perché mi accorgo di non riuscire a muovermi. Sono come paralizzata. Sta per riassalirmi il panico ma mi accorgo che è solo un’impressione. Muovo le gambe, poi le braccia e sorrido come un’idiota. Sono felice perché sono viva, mi muovo e sto bene. All’improvviso vedo qualcosa che mi sembra di riconoscere. Fissandolo ho reminiscenze di pensieri lontani.

E’ proprio bello quel pellicciotto. E’ bello perché è sintetico e quel colore postatomico si intona perfettamente agli occhi della donna che lo indossa.